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Ancora una volta con te di Dustin Thao | Recensione

Julie ha solo diciassette anni ma ha già tutto chiaro in testa: lascerà la piccola città in cui è cresciuta insieme a Sam, il suo ragazzo. Il college li aspetta e, insieme, stanno già pianificando un’estate magica in Giappone. Ma poi Sam muore. E tutto cambia. Il dolore arriva con una potenza distruttiva e Julie fa del suo meglio per arginare le profonde ferite del cuore nell’unico modo che conosce: fuggire via. Non partecipa al funerale, butta via le cose che le parlano di Sam. Fa di tutto per dimenticare. Ma quando le capita sotto gli occhi un messaggio che lui le aveva scritto, i ricordi tornano a galla. E la mancanza di Sam le toglie il fiato. Sperando di poter ascoltare la sua voce almeno nella registrazione della segreteria telefonica, compone il numero del suo cellulare. E Sam… risponde al telefono. Adesso che il destino le ha dato una seconda occasione per dirgli addio, Julie si rende conto che non può più fare a meno della sua voce. E a ogni chiamata è sempre più difficile lasciarlo andare. È così sbagliato ostinarsi a tenere vivo un amore impossibile?

Ancora una volta con te non è solo una storia che parla di un amore dolce e delicato tra due ragazzi delle superiori, ma tratta soprattutto dell’elaborazione del lutto. 

Sam muore in un incidente e Julie vive questo distacco chiudendosi in se stessa, fin quando, in un momento particolarmente drammatico, prende il cellulare e compone il numero del suo fidanzato il quale, inaspettatamente, risponde. 

Partiamo con il dire che mi sono innamorata di Sam a pagina 1. Un personaggio dolce, premuroso, simpatico, allegro e innamorato di Julie. Nel libro si alternano le parti del passato dove il lettore scopre la loro dolce storia d’amore e il presente, in cui Julie deve fare i conti con la realtà dei fatti. 

Ho sentito molti pareri discordanti su questo libro, personalmente mi aspettavo proprio la storia che ho letto, un’elaborazione del lutto delicata anche se a un certo punto forse è andata un po’ troppo per le lunghe per arrivare poi alla svolta finale troppo velocemente. Non ci sono colpi di scena, non aspettatevi scene avvincenti o chissà cosa, è una storia semplice che suona le corde della memoria e della tristezza

Ho apprezzato molto i personaggi secondari come la cugina di Sam e gli amici di Julie, ma per quanto riguarda proprio la protagonista non ho molto empatizzato con lei, spesso l’ho trovata troppo immatura e insensibile, ma ovviamente è un parere personale. Devo essere sincera, non ho pianto per il distacco della coppia, ma la lacrimuccia mi è scesa nel momento in cui sono stata “io” a dire addio a Sam, un personaggio genuino, delicato, praticamente il ragazzo perfetto che non potrà mai vivere il suo futuro. 

Chicca del libro è che ci sono vari riferimenti alla lettura, alla scrittura e soprattutto al mondo orientale!

Ancora una volta con te è una storia malinconica senza grandi pretese che accompagna in un viaggio fatto di nostalgia. 

Un voto così intrepido e mortale di Kemmerer | Recensione

Emberfall è sull’orlo del baratro. Mentre l’ombra della guerra si allunga sul regno, è sempre più aspro lo scontro tra chi considera Rhen il legittimo erede e chi vorrebbe che fosse Grey a salire al trono. Grey ha offerto una tregua di sessanta giorni prima di attaccare, e Rhen, tormentato dai suoi segreti, si sta isolando da tutti, compresa Harper, che è alla disperata ricerca di una soluzione pacifica. Nel frattempo Lia Mara, da poco incoronata regina di Syhl Shallow, fa di tutto per governare con giustizia e non seguire le orme spietate della madre. Ma il suo rapporto con Grey, che i più guardano con paura perché dotato di magia, la rende invisa ai suoi stessi sudditi e fa di lei il bersaglio di fazioni ostili. Man mano che la data dell’ultimatum si avvicina, la giovane sovrana deve scoprire se è davvero di lei che il suo popolo ha bisogno. La sorprendente conclusione della trilogia “Cursebreakers” ci mostra due regni prossimi allo scontro, tra lealtà messe a dura prova e amori in pericolo, mentre un antico nemico in cerca di vendetta ritorna pronto a distruggere tutto e tutti.

Questa è una serie che mi ha messo particolarmente in crisi perché per tutti e tre i volumi ho cambiato spesso opinione sui personaggi e sulle coppie. Anche se ci sono alti e bassi è una di quelle serie che conquista, una di quelle storie che viene in soccorso quando si ha bisogno di qualcosa di leggero.

Se nel primo volume abbiamo avuto il pov di Rhen e Harper, e nel secondo quello di Grey e Lia Mara, in questo terzo e ultimo libro abbiamo tutti e quattro i punti di vista e devo dire  che è una struttura che mi piace molto perché permette una maggior introspezione dei protagonisti.

I personaggi che ci presenta l’autrice sono ben studiati e soprattutto sfaccettati nella loro psiche:
Rhen è l’erede al trono che è rimasto traumatizzato dalla magia per la maledizione e, spesso e volentieri, le sue azioni sono mosse dalla paura.
Grey è una figura che fin dal primo volume mi ha incuriosito, dal secondo libro c’è un’evoluzione di questo personaggio che lo rende più “umano”.
Harper è una protagonista femminile che mi ha convinta fin da subito: determinata, forte e allo stesso tempo fragile, conscia dei suoi problemi, ma non per questo si arrende dinanzi alle difficoltà.
E in ultimo abbiamo Lia Mara che, per quel che mi riguarda, è il personaggio che non mi ha soddisfatto. Troppo buona? Troppo ingenua? Troppo con i complessi di inferiorità? Fatto rimane che purtroppo non è riuscita a emozionarmi neanche nelle scene con Grey, proprio perché trovo che sia un personaggio monotonale, non è vibrante come gli altri tre.

Come per gli altri due volumi anche qui non c’è un grande lavoro sull’ambientazione, l’autrice è molto vaga sugli scenari, ma tutto sommato è un particolare che si può “sorvolare” perché dà l’idea di un’ambientazione medievale e si concentra più sulle relazioni tra i personaggi e le dinamiche politiche.

Se il primo libro “Un fato così ingiusto e solitario” ripercorre la linea fiabesca de La bella e la bestia, dal secondo libro in poi la trama prende un’altra via, delineandosi sempre di più nel rendersi unica e non similare alla fiaba. 

Il questo libro entrano in gioco le debolezze umane, le paure, ma si rafforzano anche le vecchie relazioni e ne nascono di nuove.

#Prodottofornitoda @Mondadori

Crescita selvaggia di Keyi Sheng | Recensione

A prima vista, la famiglia Li assomiglia a tutte le altre: un nonno scontroso, due genitori oberati di lavoro, quattro fratelli e una casa piccola in cui vivere tutti insieme. Ma siamo nella remota campagna cinese, e lo sguardo affilato di Xiaohan, la figlia più giovane, destinata a diventare giornalista, rivela molto di più. Sullo sfondo della grande storia della Cina – dal 1911, anno della caduta del millenario impero, sino ai giorni nostri –, in una straordinaria commedia umana si snodano così le vicende di questa ramificata compagine. Come rivoli delle acque che attraversano la terra da cui provengono, le vite dei membri della famiglia, generazione dopo generazione, scorrono sospese fra la campagna d’origine, fatta di povertà e meraviglie, e la città foriera di fortuna. Qui, impegnati a rincorrere i propri sogni, i protagonisti si scontrano costantemente con l’arbitrio del potere, le imposizioni del patriarcato e la violenza di una società dove l’unico valore sembra essere rappresentato dal successo personale a scapito del prossimo.
Sheng Keyi, una delle autrici cinesi più popolari, rappresentante di una nuova generazione di scrittrici, firma un’appassionante saga familiare ambientata nella Cina di ieri e di oggi: un romanzo al tempo stesso ironico e drammatico, censurato in patria per via dei temi sensibili che affronta, i cui protagonisti oscillano fra le proprie speranze e i tragici interventi di un fato apparentemente inesorabile.

La famiglia Li è una famiglia un po’ particolare, composta da figure forti e deboli che spesso vanno in contrasto tra loro.

Le storie dei componenti di questa famiglia prendono vita in un arco temporale molto particolare perché fulcro di cambiamenti e conflitti storici. Tutto parte dal 1911, anno in cui la Cina si lascia alle spalle l’impero e affonda le radici il regime di Mao. 

La storia è raccontata attraverso gli occhi di Xiaohan, la più giovane della famiglia, che narra all’inizio con occhi infantili e poi con acume da giornalista le vicende di queste tre generazioni. A volte i personaggi hanno un rapporto diretto con le situazioni politiche e storiche del periodo, altre volte sono solo elementi che fanno da sfondo. Si parla del controllo delle nascite, di aborti spesso obbligati, detenzione, violenza domestica e non solo, insomma elementi che erano all’ordine del giorno in quel periodo storico.

Capitolo dopo capitolo il lettore scopre le storie dei componenti della famiglia, tutto parte dal patriarca, ovvero dal nonno della narratrice: Xinhai, un uomo di cultura, intelligente, dedito però al gioco. Una persona che non è stata un buon padre per Jiaxu, che invece non ha proseguito gli studi e che ha odia profondamente il suo genitore soprattutto per avergli rubato la sua prima moglie. Le narrazione continua con i fratelli della protagonista, personaggi molto diversi tra loro, ma ben caratterizzati.

La storia è coinvolgente e per quanto sia crudele l’ho trovata anche realistica per il periodo storico. Se all’inizio si può provare antipatia per alcuni componenti della famiglia Li, andando avanti si arriva a comprenderli, sono persone che vogliono migliorare la loro vita, vogliono lavorare, guadagnare, vivere semplicemente, eppure spesso la fortuna non è dalla loro parte.

La seconda parte del romanzo l’ho trovata più interessante, ma anche forse più crudele, e Xiaohan, ormai giornalista, ha un ruolo più attivo.

Lo stile l’ho trovato scorrevole e coinvolgente, ho fatto solo un po’ di fatica a focalizzare i nomi dei personaggi, ma andando avanti con la lettura si supera questo piccolo ostacolo. 

La trama di questo romanzo la definisco “circolare” perché tutto parte con questa famiglia riunita sotto lo stesso tetto con il carismatico e cocciuto Xinhai (il nonno della protagonista) e alla fine del libro ci sarà una riunione di famiglia per i suoi cento anni.

Attraverso le vicende della famiglia Li l’autrice mette in luce le problematiche e le ingiustizie della Cina del periodo, dando al lettore motivo di riflettere maggiormente sulla storia e sugli errori del passato. 

Una saga familiare di tre generazioni dove storia e relazioni si intrecciano in un destino crudele. 

 

#Prodottofornitoda @Fazi Editore 

L’adolescente di Kawabata Yasunari | Recensione

Kawabata Yasunari rievoca nostalgicamente dal passato l’amore giovanile che lega Miyamoto Yasunari, l’io narrante, a un compagno di nome Kiyono al tempo in cui frequentano la scuola. Miyamoto è un romanziere che sta per compiere cinquant’anni e si occupa della pubblicazione celebrativa della raccolta completa dei suoi scritti. Curarne la redazione lo spinge a tornare sui suoi manoscritti, in un’operazione che lo porta a ritroso nel tempo sino ad arrivare al diario tenuto durante la giovinezza, alla corrispondenza con l’amico e alle prime opere di scrittura creativa, composte successivamente quando frequenta l’università. Una larga parte di questo materiale parla di Kiyono, dunque lo rielabora per comporre un racconto su di lui costituito da un patchwork di riferimenti testuali, un collage formato da brani trascritti direttamente dalle opere e dalle lettere di gioventù alle quali si alternano le riflessioni sviluppate dall’autore cinquantenne nel presente della narrazione.

Semplice romanzo o autobiografia?

Non tutti i critici considerano quest’opera autobiografica, ma una cosa è certa, il protagonista del romanzo, lo scrittore Miyamoto Yasunari, ha molte cose in comuni con Kawabata Yasunari.

Per i suoi cinquant’anni Miyamoto decide di curare personalmente la pubblicazione celebrativa dei suoi scritti e proprio tra pagine di diario e riflessioni, il protagonista ripercorre la sua vita che si incentra in particolar modo sul suo amore per un compagno di scuola di nome Kiyono.

Anche se la critica non è unanime nel vederla come un’opera autobiografica, personalmente ho letto questo piccolo volume come se fossero le pagine di vita dell’autore. Particolare che mi ha fatto concentrare su questa chiave di lettura sta nel fatto che molte opere scritte da Kawabata, nel romanzo vengono nominate come storie di Miyamoto.

Di Kawakata ho letto solo il Paese delle nevi che purtroppo non mi ha lasciato poi molto, mentre con L’adolescente c’è un altro tipo di approccio: molto più intimo. La storia si concentra particolarmente sull’amore e le pulsioni del giovane Miyamoto che prova per il compagno Kiyono.

Alle prime pagine ho fatto un po’ di difficoltà nell’ingranare con la lettura perché l’inizio è un po’ confusionario, ma andando avanti si delinea meglio la storia.

Un piccolo libro fatto di riflessioni sull’amore, sulla vita e sulla scrittura di Miyamoto, un romanzo sicuramente da leggere se siete amanti di Kawabata. 

Un cuore così impavido e spezzato di Kemmerer | Recensione

Harper è riuscita a spezzare la maledizione che imprigionava il Principe Rhen e a impedire che il regno venisse distrutto. Ma i guai non sono finiti: si mormora infatti che egli non abbia diritto al trono, che la Principessa Harper di Disi sia solo un’imbrogliona, e che a Emberfall circoli la magia proibita. Per di più Grey, un tempo capitano delle guardie di Rhen, è fuggito dal Castello di Ironrose portando con sé un terribile segreto. Potrebbe essere lui il vero erede? Di sicuro Grey non ha alcuna intenzione di sfidare Rhen per la corona… finché Karis Luran minaccia nuovamente di attaccare Emberfall. La figlia Lia Mara conosce il suo piano di devastazione, ma riuscirà a convincere Grey a muovere contro Rhen? Perché sconfiggere il principe potrebbe essere l’unico modo per salvare il regno. Dopo “Un fato così ingiusto e solitario”, prosegue la saga di Emberfall: un racconto fantasy che parla di amicizie tradite e amori inaspettati, in un regno incantato sull’orlo della guerra.

In questo secondo volume della serie fantasy – young adult di Kemmerer c’è un diverso punto di vista. Ne “Un fato così ingiusto e solitario” il lettore legge i pov alternati del principe Rhen, l’erede al trono vittima della maledizione, e della coraggiosa e determinata Harper, mentre in “Un cuore così impavido e spezzato” i pov cambiano!

Un punto di vista è quello di Grey, l’uomo fedele a Rhen che per proteggere il suo principe è disposto a sacrificare la sua vita, l’altro è quello di Lia Mara, la primogenita della regina Karis Luran che minaccia di attaccare Emberfall. Lia Mara incrocerà la sua strada con Grey e i due affronteranno un viaggio pieno di ostacoli che li farà crescere.

Partiamo dai personaggi, ho amato molto il punto di vista di Grey che se già nel primo volume mi era piaciuto, in questo secondo capitolo l’ho apprezzato ancora di più perché si ha una visione introspettiva del personaggio. Nel corso del romanzo ha un’evoluzione, inizia a essere più consapevole di se stesso e fa chiarezza dentro di lui. Per quanto riguarda Lia Mara l’ho apprezzata subito all’inizio perché è  una figura curvy, formosa (che è raro in romanzi del genere) però  non mi ha fatto impazzire caratterialmente. Lia Mara è una ragazza che non ha autostima di sé, delle sue capacità, del suo fisico ed è in primis la madre a buttarla emotivamente giù. Insomma in base a come l’autrice ha costruito il background è in linea con il suo carattere, ma personalmente avrei preferito un personaggio più grintoso.

In questo secondo volume, anche se compare poco perché il tutto si concentra su Grey e Lia Mara, ho rivalutato anche Rhen che se prima era un principe che si autocommiserava sempre per gli errori passati, in questo caso ha un cambiamento che potrebbe non piacere a tutti, ma io l’ho trovato molto realistico. Il suo atteggiamento non è quello di un futuro re dai buoni principi, ma è quello di una persona governata dalla paura e per questo agisce in un certo modo.

Per quanto riguarda la trama si districa ancora di più la situazione politica tra i due regni avversari che viene accennata alla fine del primo volume e non manca la magia e una figura mostruosa: lo scraver!

Per i romantici sono sicura che apprezzerete di più questo secondo capitolo dove il romanticismo è molto più presente rispetto al primo volume.

Un volume che ho apprezzato, nonostante un inizio un po’ lento e un finale forse troppo frettoloso, ma ammetto di essere di parte perché mi piace molto Grey come personaggio e sono curiosa di sapere come termina la trilogia!

#prodottofornitoda @Mondadori 

Namiko e i giardini di Kyoto di Andreas Séché | Recensione

Quando un giornalista tedesco di ventinove anni si reca in Giappone per un reportage sull’arte dei giardini, non può certo prevedere che questo viaggio cambierà la sua vita per sempre. Nel corso delle sue passeggiate nei giardini di Kyoto incontra infatti la misteriosa e sensibile studentessa Namiko, custode di un rapporto intimo con la natura, e ne rimane immediatamente affascinato. Ascoltandola ripercorrere l’arte millenaria che rende questi giardini spazi di meditazione e armonia, si rende conto che la donna sussurra e che il tono sommesso della sua voce regala alle parole un’intensità e un significato del tutto nuovi, in grado di toccare le corde più profonde dell’anima. Namiko sussurra non solo con le parole, ma anche con i gesti, lo sguardo e il tatto. Per il giornalista è solo il primo passo di un lungo viaggio, dentro una cultura celata nei caratteri della scrittura e nei tradizionali kúan che il protagonista inizierà a comprendere con l’aiuto del padre di Namiko. Finché una notte, seduto al fianco della giovane donna nel “giardino dei sospiri alla luna” ad ascoltare la melodia di un flauto tradizionale, si troverà a dover prendere una decisione difficile e da cui non potrà tornare indietro. Attraverso una storia d’amore unica e commovente che mette a confronto la mentalità occidentale con quella orientale, questo romanzo esplora l’eterno dilemma tra ragione e cuore, tra avere ed essere, trovando una risposta nella poesia.

Una trama dolce e romantica, dal sapore orientale.

La storia è vista dal punto di vista del protagonista: un giornalista tedesco di ventinove anni. Si trova in Giappone per un reportage sull’arte dei giardini, ma il suo soggiorno a Kyoto cambierà radicalmente nel momento in cui il suo sguardo incrocerà quello di Namiko.

Una storia che prende corpo con delicatezza in uno scenario orientale. Il rapporto tra il protagonista e Namiko è un qualcosa di magico, a tratti l’ho trovato anche molto fiabesco e, mentre la loro conoscenza prosegue, il lettore scopre qualcosa in più sulla cultura di questo posto, sul simbolismo, sui significati nascosti dietro parole comuni e oggetti. Séché fa scoprire al lettore un mondo magico ed elegante, dove c’è poesia anche nelle piccole cose. 

Forse proprio per la presenza di quest’ultimo aspetto, per l’introduzione al mondo orientale, la trama potrebbe risultare un po’ lenta, eppure ho trovato tutto molto armonioso.

La storia è introspettiva e il lettore si sente subito connesso con il protagonista che affronta varie fasi: lo spaesamento di un nuovo posto, l’innamoramento, la favola del rapporto nascente e la paura del cambiamento.

Namiko è un personaggio secondo me molto riuscito, una figura un po’ fiabesca che ama leggere senza libro e filosofeggiare sugli alberi. Incuriosisce molto, mentre il protagonista risulta più concreto anche perché si viene a conoscenza di particolari del suo passato.

Insomma una storia delicata che ha di sfondo la storia d’amore e  la scoperta della cultura orientale.

#Prodottofornitoda @Mondadori 

Inferno di Yasutaka Tsutsui | Recensione

Un borioso yakuza assassinato dai sicari del clan rivale, un affermato professionista seduttore in virtù della propria disabilità, un uomo in difficoltà coniugali perdutamente innamorato di una cinica starlette, un attore kabuki vittima dell’invidia, una coppia di clochard post-bancarotta morta assiderata in un parco: protagonisti e comprimari dalle vite più o meno intrecciate si ritrovano all’Inferno, luogo/non-luogo dove è difficile distinguere tra ricordi e immaginazione. Vagano nei meandri di se stessi e in quelli di una città indeterminata i fantasmi di Inferno, e liberi dalle emozioni rivivono frammenti di vita passata fatti di bugie, tradimenti ed errori. Spesso imprigionati in contrappassi pulp, ripensano alle circostanze tragicomiche della loro morte, fino a concludere di essere artefici del destino che ineluttabile li ha inghiottiti. Costruito su un agile meccanismo di flashback e flashforward, “Inferno” è un romanzo polifonico, connotato da una sorprendente gamma di toni: metafisici, oscuri, semantici e talvolta comici, sui rapporti tra sé e gli altri; vi si trovano evocazioni del nuovo cinema fantastico giapponese, Koreeda Hirokazu e Kurosawa Kiyoshi in primis, e di un certo immaginario occidentale, da Brian De Palma a Quentin Tarantino. Quando il passato chiama, i fantasmi tornano a mescolarsi con i vivi in situazioni in cui il tempo non rappresenta una costante. L’inferno è realtà, è sogno, o passaggio verso un altro aldilà?

Inferno è ciò che è reale e irreale.
Inferno è dove si svegliano vivi e morti.
Inferno è quel luogo dove scompare la differenza tra ricordo e immaginazione, e dove psiche e coscienza assumono forme concrete. 
La persona non sempre sa come ci finisce in questo posto e non sa se mai se ne andrà.

Yasutaka racconta di protagonisti concreti e realistici che si svegliano in questo mondo surreale che apparentemente sembra il mondo di tutti i giorni. Pochi di loro hanno la coscienza di essere morti, altri raggiungono questo luogo per altre vie.

Con uno stile diretto e scorrevole, il lettore scopre le vite di alcuni personaggi, fa un viaggio nella loro psiche e nei loro peccati. Alcuni di essi sono stati influenzati dagli eventi della vita come Yuzo, un orfano di guerra che, rimasto senza genitori, intraprende il cammino della criminalità. Oltre a lui si snodano le vite dei suoi due amici di infanzia: Takeshi che sfrutta il suo problema fisico per portarsi a letto donne impegnate per poi mollarle e  Nobuteru che con il tempo si è dedicato agli affari loschi. Questi sono solo alcuni dei personaggi che il lettore conoscerà.

La lettura salta tra presente e passato, coscienza e vita reale, in un percorso di emozioni, di rammarichi e di violenza. Se siete deboli di stomaco vi avviso che ci sono alcune scene particolarmente forti, ma il tutto è contestualizzato in relazione all’ambientazione.

Ho apprezzato molto la narrazione, i tempi e soprattutto l’intreccio con i vari personaggi che ha chiuso il cerchio della storia. Il finale potrebbe lasciare un po’ perplessi, ma visto com’è il libro mi aspettavo una conclusione del genere.

Una lettura “fuori di testa” che vi terrà incollati alle pagine per scoprire le vite tormentate dei personaggi. 

#Prodottofonirtoda @Atmospherelibri

Quando cadrà la pioggia tornerò di Ichikawa | Recensione

Takumi e Yuji, un giovane padre e il suo bambino, sono rimasti soli: la dolce Mio, moglie e madre, è morta a soli ventotto anni per una malattia tanto fulminea quanto inspiegabile. Ma prima di andarsene per sempre Mio ha fatto una promessa: Quando cadrà la pioggia tornerò. E inspiegabilmente, ad appena un anno dalla sua morte, con l’arrivo della stagione delle piogge, una creatura identica a lei, con il suo viso e i suoi occhi, ricompare al loro fianco. Un fantasma, pensa sbalordito Takumi. Ma questa nuova Mio è fatta di carne e sangue, anche se non ha memoria di nulla; così Takumi, pazzo di gioia per quell’assurda, insperata seconda possibilità, decide di raccontarle tutta la loro storia: come si sono incontrati, come è nato il loro amore, come hanno finito per sposarsi… e mentre Takumi racconta, rinnova l’incanto dell’incontro, il magico gemellaggio di due anime, la tragedia della separazione. E il miracolo della ricomparsa di Mio, la sua profezia, il mistero un mistero che Mio scioglierà in un finale capace di piegare il nostro cuore e demolire le nostre certezze.

Una storia dolce e sentimentali che riserva un bel colpo di scena finale. 

Quando cadrà la pioggia tornerò è una storia delicata, dolce e surreale, che si focalizza sul rapporto di amore tra Takumi, un ragazzo che ha una serie di problematiche mentali e Mio, una ragazza forte e determinata nel voler stare con la persona che ama nonostante le avversità che riserva la vita.

Sia per Takumi che per Yuji, suo figlio, è difficile vivere senza Mio, ma le cose cambiano quando inaspettatamente, in un giorno di pioggia, si troveranno dinanzi la ragazza in carne e ossa che però ha perso la memoria.

Parto con il dire che ho apprezzato molto lo stile scorrevole e immediato dell’autore che fin dall’inizio ha la capacità di trasmettere un’atmosfera un po’ onirica per l’arrivo inaspettato di Mio.

Takumi è un personaggio che fa tanta tenerezza per i suoi problemi, per come decide di affrontarli, per come tenta di fare del suo meglio nel crescere un bambino così piccolo che è rimasto senza la mamma, eppure nonostante le sue fragilità si sforza e si dà forza per Yuji. Il lettore non solo scopre la vita presente, ma grazie ai racconti di Takumi si sa anche com’è nata la storia tra lui e Mio: un amore giovanile che nasce tra i banchi di scuola.

Per tutto il tempo ho cercato di capire cosa ci fosse dietro a questa storia: perché Mio è tornata? Perché non ricorda nulla? Non è un fantasma? E quando stavo per storcere il naso perché alcune cose le trovavo un po’ sconnesse ecco che arriva il finale che ricollega tutto. Ammetto che mi ha ricordato tanto un libro che adoro, ma non dirò il titolo perché altrimenti farei uno spoiler grande quanto una casa! E la bellezza di questo libro è proprio scoprire la storia pagina dopo pagina.

La trama si focalizza quindi sul rapporto tra Takumi e Mio, ma avrei preferito un approfondimento anche per altri personaggi che vengono solo nominati o appena accennati.

E’ una lettura delicata e che scalda il cuore. Si tratta di sentimenti, di elaborazione del lutto, di famiglia, di amore, di coraggio… si parla della vita in una chiave un po’ onirica e magica.