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Ragazzi della tempesta di Elle Cosimano | Recensione

In una gelida notte d’inverno, Jack Sommers è chiamato a scegliere tra vivere per sempre, secondo le antiche leggi magiche di Gaia, o morire. Jack sceglie di vivere e in cambio da quel momento in poi sarà un Inverno. Come le altre Stagioni, ogni anno Jack deve dare la caccia e uccidere chi viene prima di lui. Le leggi di Gaia sono chiare: l’Inverno uccide l’Autunno, l’Autunno uccide l’Estate, l’Estate uccide la Primavera, la Primavera uccide l’Inverno. Questo significa che Jack uccide Amber. Amber uccide Julio. Julio uccide Fleur. E Fleur uccide Jack. Sono tutti addestrati a cacciare e uccidere, e tutti a turno muoiono. Ma quando Jack e Fleur – Inverno e Primavera – sono attratti l’uno dall’altra contro ogni buon senso e regola della natura, la legge spietata che governa le loro vite eterne a un tratto diventa qualcosa di personale e di doloroso. Fleur verrà bandita per sempre, se insieme non troveranno il modo per fermare il ciclo naturale delle cose. Quando le quattro Stagioni si coalizzano, mettendo a rischio la loro immortalità in cambio di amore e libero arbitrio, la loro fuga attraverso il Paese li condurrà in un luogo in cui saranno costretti a difendersi contro un creatore che vuole annientarli.

Un fantasy young adult con un’ambientazione originale. 

Ragazzi della tempesta è una lettura che mi ha intrattenuto e trovo che il punto di forza di questa storia sia proprio l’ambientazione originale. I nostri protagonisti, che rappresentano le quattro stagioni, si trovano a vivere in una sorta di Hunger Games premeditato. La stagione che arriva, per prendere il sopravvento, deve uccidere quella precedente. Di conseguenza Jack (inverno) deve uccidere Amber (autunno), Amber deve uccidere Julio (estate), Julio deve uccidere Fleur (primavera) e Fleur deve uccidere Jack. Un ciclo continuo che non ha mai fine perché a ogni morte, questi ragazzi adolescenti e immortali, ritornano in vita.  Non esistono solo loro quattro perché questo sistema coinvolge altri ragazzi che sono sparsi per il mondo, tutti sotto il controllo di Cronos. I giovani vivono nell’Osservatorio che è una struttura dove ci sono delle rigide regole e sono monitorati continuamente. Una delle regole principali è che ragazzi di stagioni diverse non devono fare amicizia, ma le cose si complicano quando Jack (inverno) capisce di essere innamorato di Fleur (primavera).

Come ho già detto all’inizio mi è piaciuto molto il mondo che ha costruito Cosimano: le regole, le restrizioni, la gerarchia che si trova nell’Osservatorio. E ho apprezzato anche la caratterizzazione dei quattro ragazzi che sono ben delineati. La storia si alterna con il punti di vista di Jack e Fleur, ma avrei preferito leggere anche qualche capitolo dal punti di vista di Julio e Amber che trovo che siano una coppia più interessante sia per la costruzione dei personaggi che per l’iter che percorrono durante la storia.

Personalmente ho apprezzato molto di più la prima parte della storia, ovvero la presentazione di questo universo e dei personaggi, la seconda parte si sofferma sulla fuga dei quattro ragazzi che cercano di scappare da questo sistema di Cronos. Quest’ultima parte l’ho trovata a tratti un po’ ripetitiva e spesso anche prevedibile, ma comunque scorrevole.  Il finale lascia dei punti interrogativi, personalmente non mi ha fatto impazzire, l’ho trovato un po’ forzato, ma ci sono delle questioni ancora aperte e sono curiosa di sapere come andrà avanti con la storia l’autrice. 

Ragazzi della tempesta è un fantasy che scorre con uno stile fluido, una storia che unisce magia, miti, leggende e un pizzico di fantascienza. 

 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Un attimo perfetto di Meg Rosoff

Un attimo perfetto di Meg Rosoff

In una casa color pervinca baciata dal sole, in cui da ogni finestra si vede il mare, quattro fratelli, ragazzi e ragazze tra i tredici e i diciotto anni, madre, padre e due cugini trentenni riempiono quelle giornate spensierate con la spiaggia, i giochi, le serate lunghissime passate tutti insieme cenando in giardino, e un matrimonio da organizzare. Le vacanze sono appena cominciate, l’estate sembra allungarsi all’infinito con la sua promessa di una tranquilla, struggente felicità. Poi arrivano i fratelli Godden: irresistibile e affascinante Kit, scontroso e taciturno Hugo. Tutt’a un tratto, c’è un serpente in paradiso e niente sarà più come prima.

Tutti dicono che innamorarsi è la cosa più miracolosa del mondo, che ti cambia la vita. Succede qualcosa, sostengono, e allora tu lo sai. Guardi nei suoi occhi e non vedi solo la persona che hai sempre sognato di incontrare, ma quel te stesso in cui hai sempre segretamente creduto, il te stesso che inspira desiderio e piacere, il te stesso di cui nessuno prima di allora si è mai davvero accorto. 

Una famiglia numerosa e chiassosa parte, come ogni anno, per andare a passare l’estate alla casa al mare. Arrivati a destinazione la famigliola incontra degli amici di vecchia data, Hope e Mal, i quali a breve si sposeranno e per l’occasione arriveranno anche i fratelli Godden che passeranno l’estate con loro. 

La storia è vista tutto dal punto di vista della protagonista, della quale il lettore non saprà mai il nome. La protagonista ha un carattere introverso e spesso si trova in competizione con la sorella più piccola che ostenta sicurezza e autostima in tutto quello che fa. L’estate procede tranquilla come ogni anno, fino all’arrivo dei fratelli Godden: Kit è un ragazzo affascinante, allegro, solare, che è capace di attrarre le persone con il suo magnetismo, mentre suo fratello Hugo è distaccato e introverso, tra i due non scorre buon sangue e la tensione  non mancherà nel corso della storia. 

Si possono individuare due storie parallele, quella degli adolescenti insieme ai fratelli Godden e quella dei futuri sposi. La linea della storia degli adulti l’ho trovata molto interessante, ma poco approfondita, si dà molto spazio alla storia dei ragazzi.

Il libro ha un ritmo un po’ lento, l’evoluzione della trama si svolge verso le ultime pagine perché per la maggior parte della storia il lettore segue i movimenti e le relazioni dei personaggi, ma c’è più un tono di presentazione che di azione vera e propria. 

Un attimo perfetto è una storia che parla di amore malato, di adolescenza, di crescita, di famiglie disastrate e di disturbi psicologici, peccato che si accennano solo questi elementi, ma non vi è un vero approfondimento. L’ho trovata comunque una lettura scorrevole, ma dati gli elementi e gli input che aveva dato l’autrice nel corso della storia, mi aspettavo molto di più. 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Il clan dei lupi. La leggenda dei quattro di O’Donnell | Recensione

Il clan dei lupi. La leggenda dei quattro

O’Donnell

Sono quattro. Eredi di clan avversari. Uniti per sopravvivere. Lupo, tigre, serpente, aquila: quattro clan nemici. Gli Yokai, potenti mutaforma, governano il mondo. Maya, l’erede del clan dei lupi, e Bregan, del clan delle tigri, sono i garanti della pace, impegnati nel delicato compito di odiarsi meno di quanto disprezzino gli umani. Ma come resistere all’istinto più profondo, forte e sconvolgente, quando in gioco c’è il futuro del proprio popolo?

 

[…] la pace non sarebbe durata ancora a lungo e le guerre per il territorio sarebbero potute ricominciare in qualsiasi momento. 

La leggenda dei quattro – il clan dei lupi è il primo volume di una saga fantasy che ha come protagonisti i mutaforma. In un’ambientazione moderna esistono questi quattro clan di yokai: Lupai, Taigan, Rapai e Serpai. Quattro tribù di mutaforma che hanno delle regole molto rigide tra di loro per non innescare una nuova guerra. In questa storia gli umani sanno della loro esistenza, ma tendono a tenersi comunque ben lontani, soprattutto dai mutaforma che frequentano la loro stessa scuola. 

La situazione degenera quando viene trovato morto un componente del clan Lupai e così, i quattro eredi dei Clan: Maya, Bregan, Nel e Wan decidono di collaborare per trovare il vero colpevole ed evitare una guerra tra le tribù.

Adoro i libri per ragazzi e amo quando nelle storie ci sono i mutaforma, ma devo ammettere che mi aspettavo molto di più da questa lettura. 

Lo stile di O’Donnell è semplice e scorrevole, una lettura piacevole da fare soprattutto quando si vuole leggere qualcosa di leggero e non impegnativo.

Ho apprezzato molto la caratterizzazione dei quattro ragazzi del Clan. Maya è l’erede dei Lupai, una ragazza forte che ha un gran senso del dovere, spesso si trova a combattere contro un sistema maschilista che non la vorrebbe come erede del Clan.
Bregan è il tipico sbruffone che adora fare a botte, spesso è impulsivo e si fa prendere la mano dalla rabbia, ma quando qualcuno fa del male a Maya è il primo pronto a mettere tutto in discussione per salvarla. 
Nel è l’erede Rapai intelligente e assennata, giudiziosa e combattiva.
In ultimo abbiamo Wan, l’erede Serpai, devo dire che è il mio preferito. E’ un personaggio velenoso, pungente, strafottente che non si fa scrupoli di uccidere.

Questo fantastico mix crea un bel gruppo di personaggi interessanti, peccato che ho trovato la storia molto lenta. Parliamo di un libro che conta poco più di 230 pagine e per le prime 120 non si fa altro che spiegare il mondo in cui ci troviamo (che è molto semplice) e si presentano i personaggi. La trama è molto lineare, a tratti un po’ noiosa, ma è nelle ultime pagine che inizia a farsi più interessante.

Questo primo volume de La leggenda dei quattro l’ho trovato molto carino, ma mi è mancato quel qualcosa di più per farmi coinvolgere particolarmente dalla storia. Rifletterò se andare avanti o meno con la saga. 

Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente di Collins | Recensione

Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente 

Suzanne Collins

È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games. A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi. I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.

Ciò che tutto Panem un giorno avrebbe saputo.
Cioè che era inevitabile.
Gli Snow si posano in cima. 

Da amante della trilogia di Hunger Games come non leggere l’attesissimo prequel? 

Hunger Games – ballata dell’usignolo e del serpente è ambientato dieci anni dopo la grande guerra che ha visto i distretti ribellarsi e il distretto 13 raso al suolo. Il protagonista indiscusso è uno Snow diciottenne che ha perso non solo i genitori, ma anche tutte le sue ricchezze e tenta di mantenere nascosto il suo stato economico agli abitanti di Capitol City. In questa decima edizione degli Hunger Games, Snow riveste il ruolo di mentore di una ragazza del distretto 12: Lucy Gray. 

Ho vissuto la lettura con alti e bassi. Mi è piaciuto tantissimo ritrovare l’ambientazione ansiosa e claustrofobica degli Hunger Games, giochi che iniziano a cambiare e ad assomigliare a quelli che conosciamo con la classica trilogia. Prima non c’erano le scommesse, non c’erano i mentori, ora ci sono. Tutto questo perché gli abitanti iniziato a perdere interesse per questi giochi feroci e si cerca un modo per tenere tutti incollati a questo spettacolo crudele e lugubre, al fine di non dimenticare chi detta le regole in questa società. 

Da un punto di vista stilistico ho apprezzato la maturazione dell’autrice. Mi sono affezionata a quasi tutti i personaggi che ho trovato ben caratterizzati, ognuno con le proprie sfaccettature. Ho adorato fin dall’inizio Seianus, un ragazzo di Capitol che viene dal Distretto 2, la cui vita è comandata da un padre troppo attento alla sua posizione e ai soldi. Seianus è quel personaggio che vorrebbe cambiare il presente, ma non sa come farlo, spesso la sua impulsività lo porta a compiere sciocchezze, ma è proprio per questo che l’ho adorato perché è molto realistico in questa ambientazione distopica. 

Personalmente due cose non ho molto apprezzato di questo romanzo: la relazione sentimentale che ho trovato molto scontata e banale, e l’evoluzione di Snow. 
Lo Snow che il lettore scopre nelle prime pagine è lo stesso Snow che ritroverà alla fine, solo consapevole della strada da prendere. Personalmente mi aspettavo più pathos, più azione, più adrenalina nella genesi di questo cattivo enigmatico, ma tutte le aspettative che avevo sono state deluse da questo punto di vista.

Resto dell’idea che la classica trilogia Hunger Games è sicuramente migliore per colpi di scena e complessità della trama, ma il prequel La ballata dell’usignolo e del serpente è stata comunque una piacevole lettura. Il finale mi ha lasciata un po’ perplessa, che la Collins abbia lasciato una piccola porta aperta per un seguito?  

 

La principessa Baciarospi di Garth Nix | Recensione

La principessa Baciarospi 

Garth Nix

L’ultima cosa di cui ha bisogno è un principe… ancor peggio se tramutato in rospo! La Principessa Anya è in fuga dal Duca Rikard, malvagio patrigno che vuole eliminarla per impossessarsi del Regno. Insieme a una stramba compagnia che include un cane parlante, un ragazzino-tritone e un principe tramutato in rospo, Anya cerca alleati per sconfiggere il Duca e salvare il Regno.

In genere i principi respinti se ne tornavano a casa a scrivere poesie illeggibili e a rimuginare davanti al camino. O scoprivano che anche a loro piaceva qualcun’altra. O venivano mangiati da un drago. Comunque, che fossero a casa a scrivere pessime poesie o nello stomaco di qualche creatura, non tornavano mai.

Un libro ironico e avventuroso. 

La principessa Biaciarospi narra di Anya, principessa di Trallonia che ha non solo una matrigna, ma anche un patrigno. Il personaggio pericoloso tra i due è proprio quest’ultimo, il Duca Rikard, uno stregone che vuole impossessarsi del regno. Tutto parte con la sorella maggiore di Anya che si dispera perché il patrigno ha tramutato in un rospo il suo principe. La nostra protagonista partirà per cercare gli ingredienti al fine di creare un burrocacao magico per ritrasformare il rospo in principe e cercherà alleati per combattere contro Rikard. 

Una storia divertente e avvincente, Anya è una protagonista ironica, intelligente e altruista. Nella cornice fiabesca compaiono streghe, druidi, ladri, tritoni… e non mancano battute sarcastiche e prese in giro  al classico mondo delle fiabe. Qui la principessa è una vera guerriera che non si perde d’animo al primo problema, ma si alza con le sue sole forze per puntare al suo obiettivo. 

I personaggi sono ben caratterizzati a partire da Ardent, il Cane Reale che segue le avventure della principessa fin dall’inizio, e ho apprezzato particolarmente il carattere forte, ma allo stesso tempo fragile, del ladro Shrub, un ragazzino che è stato tramutato in un tritone. 

La trama ha le classiche tematiche come il viaggio, la ricerca di se stessi, l’amicizia e ho trovato geniali alcuni elementi fantastici inseriti da Nix che ha uno stile scorrevole e semplice. 

Un libro che mi ha tenuto compagnia in questo periodo di quarantena, anche se, al termine della lettura, ho avuto la sensazione che mancasse quel qualcosa in più per rendere questo libro ancora più coinvolgente. Per chi è interessato alla storia d’amore vi avviso che qui non c’è, il tutto è focalizzato su Anya, su come affronta le difficoltà e su come impara ad assumersi le proprie responsabilità.

Se avete voglia di una storia avventurosa, fiabesca ma non troppo, che prenda un po’ in giro il mondo delle favole, vi consiglio La Principessa Biaciarospi. 

Un’estate con la Strega dell’Ovest di Kaho Nashiki | Recensione

Un’estate con la Strega dell’Ovest 

Kaho Nashiki

Mai ha tredici anni e non vuole più andare a scuola. La madre, preoccupata, decide di mandarla a stare dalla nonna per un po’, in una bella casetta nella campagna giapponese sul limitare dei monti. La nonna è una signora inglese ormai vedova, arrivata in Giappone molti anni prima e rimasta lì per amore. Sia Mai che la madre si riferiscono a lei come la “Strega dell’Ovest”, ma nel momento in cui la nonna le rivela di possedere realmente dei poteri magici, Mai rimane incredula e diffidente. Quando però le propone di affrontare il duro addestramento da strega, accetta senza esitazioni. Immerse nella natura incontaminata del Giappone più remoto, nonna e nipote passano insieme settimane meravigliose in raccoglimento, lontane dalla frenesia della vita di città, a lavorare nell’orto, raccogliere erbe selvatiche e cucinare, oltre a dedicarsi, naturalmente, a quelli che sono, secondo la nonna, i rudimenti di base per una giovane strega. A questa storia catartica e rivelatrice, negli anni, l’autrice ha voluto aggiungere tre brevi racconti che ne riprendono i personaggi e l’ambientazione e che proponiamo fedelmente nella presente edizione.

Quel mese e poco più in cui la mamma le aveva rivelato, seria in volto, che sì, la nonna era una strega vera, e da allora, quando erano sole, aveva cominciato a chiamarla Strega dell’Ovest. 

Una fiaba con sfumature orientali che aiuta a crescere. 

Nashiki racconta la storia di Mai, una ragazzina di tredici anni molto sensibile, che all’improvviso si rifiuta di andare a scuola. La madre decide di farle passare del tempo con la nonna, una donna inglese sbarcata in Giappone per amore. Così, Mai passerà del tempo con colei che viene chiamata la “Strega dell’Ovest” e, grazie a sua nonna, inizierà l’addestramento per diventare una strega. 

Una favola dolce, delicata e fiabesca. In un’ambientazione realistica con delle sfumature surreali, Nashiki racconta la storia di una ragazzina che ha problemi a scuola, che inizia a chiudersi in se stessa e va a somatizzare il suo disagio. Quando la madre la porta dalla nonna, Mai inizia a guardare il mondo con occhi diversi. 

Lo stile dell’autrice è scorrevole e semplice. Non si sofferma su descrizioni superflue e rende palpabile le emozioni della piccola Mai, trasmettendole facilmente  al lettore. 

Si parla di responsabilità, di regole, di sentimenti, di magia e di morte. La nonna risponde ai quesiti sulla vita di Mai in modo genuino e delicato. Ho adorato il rapporto affettuoso e magico tra nipote e nonna, spesso la lettura mi ha rievocato momenti che passavo con la mia di nonna, che da piccola consideravo un po’ magica, ma alla fine non è così? Tutti i nonni hanno la capacità di trasmettere un pizzico di magia ai nipoti, chi più e chi meno. Si parla di un racconto lungo, ma pur sempre un racconto. La storia è semplice e lineare, non ci sono colpi di scena o particolari intrecci, ma è intima ed emozionante. 

Un’estate con la Strega dell’Ovest è una storia che vi conquisterà e vi trascinerà nella campagna giapponese, regalandovi delle piacevoli ore di lettura. 

Le notti bianche di Dostoevskij | Recensione

Le notti bianche

Dostoevskij

Un giovane sognatore, nella magia vagamente inquieta delle nordiche notti bianche, incontra una misteriosa fanciulla e vive la sua “educazione sentimentale”, segnata da un brusco risveglio con conseguente ritorno alla realtà. Un Dostoevskij lirico, ispirato, comincia a riflettere sulle disillusioni dell’esistenza e dell’amore nell’ultima opera pubblicata prima dell’arresto e della deportazione, esperienze che modificheranno in maniera radicale e definitiva la sua concezione dell’uomo e dell’arte. In questa edizione, al celebre racconto viene affiancata la visione “diurna” di Pietroburgo contenuta nei feuilletons che compongono la Cronaca di Pietroburgo, vero e proprio laboratorio per la scrittura dostoevskiana. Lo stretto legame tra pubblicistica e letteratura, che accompagnerà Dostoevskij negli anni della maturità, viene così a manifestarsi fin quasi dal suo esordio.

All’improvviso m’era sembrato che tutti volessero abbandonare me,  solitario, e che tutti da me s’allontanassero. Certo chiunque si sentirà in diritto di chiedere: chi sono mai questi tutti? Poiché ormai sono otto anni che vivo a Pietroburgo e non sono stato in grado di intrecciare quasi nessuna relazione. Ma a che mi servono le relazioni? 

Mi sono approcciata alla letteratura russa con Bulgakov (con Il maestro e Margherita), autore che non ho molto apprezzato, quindi mi sono avvicinata con molta cautela a Dostoevskij, pensando di trovare uno stile simile al suo collega. 

Le notti bianche è una storia magica e surreale. 

L’autore narra di un protagonista solo, ma che non vede la sua solitudine come un qualcosa di negativo, semplicemente si è adattato e ha imparato a osservare tutto ciò che gli capita intorno, ad ascoltare e a riflettere. Il mondo del giovane sognatore, che ha sempre vissuto una vita tranquilla e senza sconvolgimenti, viene travolto dall’incontro di una giovane donna. Così la  solitudine viene spazzata via dal desiderio e dall’amore che prova il protagonista per Nasten’ka.

Il lettore riesce facilmente a empatizzare  con il protagonista, il quale mantiene una linea coerente e di crescita: esce dal gusto di solitudine, viene trascinato nel vortice dell’amore per poi cadere nel baratro della realtà. 

Dostoevskij propone al lettore una storia delicata con uno stile poetico. La trama è lineare e l’ambientazione che crea l’autore è magica e surreale. Ho adorato lo stile, anche se ci sono alcune parti che, personalmente, ho trovato un po’ prolisse.

Le notti bianche non è solo una storia che parla di amore, ma tratta di solitudine, di sogni e di realtà nell’incantevole cornice innevata di Pietroburgo. 

Il canto dell’usignolo di Hearn | Recensione

Il canto dell’usignolo. La saga degli Otori: 1

Lian Hearn

In un Giappone medievale mitologico, il giovane Takeo cresce in seno a una comunità pacifica che condanna la violenza ma che sarà massacrata dagli uomini di Iida, il signore del clan dei Tohan. Takeo è salvato dal nobile Shigeru, del clan degli Otori, si troverà al centro delle lotte sanguinarie tra i signori della guerra e dovrà arrendersi al proprio destino. Ma chi è davvero Takeo? Contadino, nobile o assassino? Da dove arrivano i suoi prodigiosi poteri? In un mondo fuori dal tempo, dominato da codici d’onore e da rigidi rituali di una tradizione millenaria, Takeo incontrerà per la prima volta l’amore: dovrà forse scegliere tra quest’amore, la sua devozione al nobile Shigeru e il suo desiderio di vendetta? La sua ricerca lo condurrà fino alla fortezza di Inuyama, a camminare sul “pavimento dell’usignolo”. Ma quella notte l’usignolo canterà?

E poi, a voce alta, lesse per me: «Il Clan Otori dà il benvenuto ai giusti e ai leali. Gli ingiusti e gli sleali stiano in guardia».
Sotto i caratteri era inciso lo stemma, raffigurante un airone.

La saga degli Otori è il primo volume di una serie orientale, ambientato in un Giappone feudale e immaginario. 

Protagonista indiscusso è Takeo, un ragazzo di sedici anni che fa parte del Clan degli Occulti. Quando il suo villaggio viene attaccato dal Clan Tohan, Takeo trova rifugio e protezione da Shigeru, erede del Clan Otori. 

Da questo momento in poi Takeo cambia identità e da ragazzo pacifico, nato e cresciuto in un Clan che rifiuta ogni tipo di violenza, ecco che si trova ad apprendere tutto ciò che riguarda la lotta, la guerra e la strategia. Ma Takeo non è un comune ragazzino perché ha delle abilità speciali. 

Il lettore segue anche le vicende di Kaeda, una quindicenne tenuta in ostaggio nel castello di Noguchi, un importante alleato del Clan Tohan. Kaeda sa cosa comporta essere un ostaggio, soprattutto per una donna che fa parte del Clan Seishuu. Il suo destino si intreccerà con quello di Takeo, dando vita a un sentimento forte. 

Il romanzo si apre con una precisazione dell’autrice, la quale chiarisce che, il carattere dell’opera è totalmente immaginario e non ci sono corrispondenze di avvenimenti storici e luoghi geografici. Ho apprezzato questo appunto, ma devo ammettere che la storia non mi ha molto conquistata, forse ero partita con troppe alte aspettative. 
Ho trovato lo stile di scrittura scorrevole, ma un po’ troppo descrittivo. Lian Hearn preferisce più raccontare che far agire i suoi personaggi e ciò non permette di provare empatia con loro, che appaiono distanti. Per quanto riguarda la dinamica amorosa l’ho trovata purtroppo frettolosa e poco approfondita. 

La trama è lineare, non ci sono particolari intrecci o colpi di scena, ed essendo il primo volume di una saga mi sento di dire che parliamo più di un capitolo introduttivo. 
Ho apprezzato l’ambientazione ben delineata e affascinante. All’inizio si fa un po’ fatica a entrare nella storia, ma grazie a un breve elenco, a inizio libro, con i nomi dei personaggi e dei vari Clan, la lettura risulta più fluida.

Nel complesso ho trovato il libro piacevole, anche se mi aspettavo molto di più. Una storia a sfondo orientale con battaglie, intrighi ed elementi fantastici dove non manca l’avventura e l’amore.