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Dove le ragioni finiscono di Li Yiyun | Recensione

Una madre e un figlio si parlano in un mondo senza tempo. Lei è una scrittrice, lui è Nikolai, il ragazzo sedicenne che si è tolto la vita pochi mesi prima. Le parole sono l’unica risorsa a cui la madre può attingere così da ridare vita al figlio, e portare avanti con lui le conversazioni toccanti, profonde, intime di quando era al mondo. Il ricordo di una poesia amata si lega a quello di una torta fatta in casa, la memoria di un viaggio dà corpo e colore ai luoghi visitati, i mirtilli sono la chiave d’accesso al bambino che è stato Nikolai. In un dialogo continuo, come un flusso di coscienza, le due voci raccontano una storia d’amore: quello assoluto che pretendono i figli, quello pieno di dubbi e di colpe che scorre nei genitori, e in fine quello fatale che li accomuna, l’amore che consuma chi va in cerca del senso ultimo dell’esistenza a costo di privarsene, nel corpo o nello spirito. Nato dall’esperienza drammatica vissuta dalla scrittrice, “Dove le ragioni finiscono” non è un romanzo ed è più di un memoir. Come in una tragedia greca, Yiyun Li ci avvicina alla sua storia, e ci consegna pagine così nitide da compiere il miracolo, quello di accompagnarci nell’abisso dell’indicibile per uscirne purificati, liberi, più forti.

 

Un romanzo delicato che tocca le corde più intime del lettore. 

Dove le ragioni finiscono è un romanzo che tratta di una madre che ha perso il figlio sedicenne. Fin dall’inizio la protagonista immagina di parlare, nella quotidianità, con il suo adorato Nikolai e nei dialoghi si affrontano discorsi come la paura e la solitudine. La madre sa bene che il figlio e le conversazioni non sono reali, ma frutto della sua immaginazione, eppure, il non voler accettare questa disgrazia la porta a “tenere con sé” suo figlio, che spesso rappresenta proprio la parte più razionale della protagonista. Nikolai più di una volta le ricorda che non è reale e le chiede per quanto ancora continuerà così.

Si tratta di scrittura, perché appunto la protagonista è un’autrice che spesso riflette sul significato delle parole, e si parla anche di passioni e ricordi. Questo ultimo aspetto permette di scoprire meglio il rapporto che c’era tra madre e figlio. 

L’autrice ha il potere di rendere questa storia intima, tosta per la tematica, ma con una penna delicata e malinconica. Il lettore si sente avvolto in una coperta confortevole, capace di “ovattare” la tragedia della storia. Da lettrice mi sono avvicinata “in punta di piedi” a questo libro che non è solo un romanzo, ma molto di più, perché Yiyun Li ha patito la stessa tragedia della protagonista. Sapendo questo, più volte mi è sembrato di leggere i pensieri non della protagonista, ma dell’autrice, e spesso le due figure si sono sovrapposte. 

Questo non è un romanzo avvincente, non aspettatevi colpi di scena o intrighi, ma preparatevi a immergervi in una confessione, una preghiera, un elogio alla parola scritta, un percorso di elaborazione del lutto che saprà toccare i punti più sensibili del vostro animo. 

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