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Grande meraviglia di Viola Ardone | Recensione

Grande meraviglia di Viola Ardone | Recensione

«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia». Nel candore dello sguardo di Elba il manicomio diventa un luogo buffo e terribile, come la vita, che Viola Ardone sa narrare nella sua ferocia e bellezza. Dopo “Il treno dei bambini” e “Oliva Denaro”, “Grande meraviglia” completa un’ideale trilogia del Novecento. In questo romanzo di formazione, il legame di una ragazzina con l’uomo che decide di liberarla rivela il bisogno tutto umano di essere riconosciuti dall’altro, per sentire di esistere. Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo “Diario dei malanni di mente”, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità. Con la sua scrittura intensa, originale, piena di musica, Viola Ardone racconta che l’amore degli altri non dipende mai solo da noi. È questo il suo mistero, ma anche il suo prodigio.

Oggi sono qui a parlarvi dell’ultimo libro di Viola Ardone “Grande Meraviglia”.

Questo è quel caso in cui un libro mi è piaciuto così tanto da non riuscire a trovare le parole adatte per parlarne, ma cercherò attraverso questo post di trasmettervi tutte le sensazioni che ho provato leggendo questa storia.

Con uno stile delicato e intimo, Viola Ardone racconta non solo della legge Basaglia, della chiusura dei Manicomi, di come il più delle volte venivano rinchiuse non solo persone sane che erano considerate “scomode” (vuoi per ruolo sociale, vuoi per comportamenti fuori dal comune ecc.), ma tratta anche delle atroci pratiche mediche per “curare” i disagi e le patologie dei pazienti, il più delle volte resi pazzi proprio per questi metodi.

Detta così il registro del libro potrebbe risultare pesante, angosciante, claustrofobico, eppure con abile maestria l’autrice riesce a trattare questo tema così delicato in modo leggero, ma senza sminuirlo,  introducendo la figura stramba e divertente  del Dottore Fausto Meraviglia, amico dei gatti e dei pazzi!

Così il lettore conosce la storia di Elba e di Meraviglia, si parla di varie relazioni: quella con la famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro, e soprattutto si affronta la relazione più complicata che possiamo avere, quella con noi stessi.

La prima parte del romanzo aggancia il lettore attraverso gli occhi di Elba, la quale racconta del mezzomondo e di tutti i suoi abitanti più o meno strambi, dalla seconda parte c’è il punto di vista di Fausto Meraviglia, un personaggio irriverente, stacanovista e con una visione della vita tutta sua.

Se avete voglia di leggere un libro che vi prenda dalla prima pagina in poi e che vi trascini in un turbinio di riflessioni e di situazioni che vi faranno spuntare il sorriso nonostante la tematica, vi consiglio assolutamente di immergervi nella lettura 🙂

Stefania Siano

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