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Intervista a Domenico Andrea Schiuma

Presentati.

Mi chiamo Domenico Andrea Schiuma, ho 21 anni e abito a Modugno, in provincia di Bari. Studio Scienze Politiche a Bari. Le mie principali passioni, oltre ovviamente alla lettura e alla scrittura, sono la chitarra classica e di recente anche le serie tv. Colleziono sfere di vetro come ricordi dei miei viaggi (di quelle con dentro la miniatura di un monumento e la neve). Mi piacerebbe tanto un giorno imparare a suonare i bicchieri di cristallo.

Come è nata la passione per la scrittura?

Quando avevo cinque o sei anni, non mi ricordo di preciso in quale occasione, mi regalarono un quadernone rosso. Iniziai a scriverci poesie: all’epoca ne ero molto soddisfatto, a rileggerle ad anni di distanza mi fanno sorridere, ero solo un bambino. Alle medie ho sentito la passione per il giornalismo, una strada che sto cercando di percorrere. Alla narrativa mi sono avvicinato solo più in là, al liceo.

Qual è il tuo stile?

Non mi piace l’idea di avere “uno e un unico” stile. Mi piace sperimentare, combinare, provare vie nuove. A mio modo di vedere certe idee, certe storie ti inducono naturalmente a preferire un tipo di scrittura, un registro stilistico rispetto a un altro. Io cerco di capire di volta in volta quale registro si adatta meglio alla trama che ho in mente. Nel primo romanzo, ad esempio, ci sono delle parti scritte in modo più secco e giornalistico e altre invece più liriche, perché mi sembrava giusto fosse così.

Il genere letterario che preferisci di più?

Adoro i classici, prima di tutto. Non ho una predilezione per un genere in particolare, cerco di leggere un po’di tutto.

Quale genere letterario non ti piace?

Più che dei generi, ci sono dei tipi di storie che non apprezzo molto. Quelle poco originali, in primis; quelle dove tutto finisce bene alla “e vissero tutti felici e contenti”; quelle in cui i personaggi sono degli stereotipi e non delle persone con la loro peculiare personalità (scusate il gioco di parole); quelle troppo rosa e troppo sdolcinate.

Come nascono le tue storie?

Possono nascere in tanti modi. L’idea può venire parlando con una persona, osservando il mondo che mi sta attorno, pensando. In genere c’è sempre qualcosa di personale nelle mie storie. Credo che per uno scrittore (o aspirante tale come me) sia molto importante parlare con le persone, guardarsi intorno, ricercare, insomma sintonizzarsi con la realtà di oggi e se necessario anche con quella di ieri.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?

Sì, ma non del tutto. Di solito i miei personaggi sono costruiti unendo i tratti psicologici di persone di mia conoscenza. C’è anche qualcosa di mio in loro, ma non solo. Per questo motivo l’immedesimazione c’è ma non del tutto.

Come è nata la tua ultima opera?

L’idea per il primo romanzo è nata in questo modo. Ero in pizzeria con degli amici: ci stavamo divertendo, poi è arrivato il classico momento in cui nessuno sa più cosa dire. Nel silenzio imbarazzante ho notato che al tavolo vicino al nostro erano sedute due donne giovani: parlavano di uomini, di relazioni amorose. Le ho ascoltate per qualche secondo, poi mi sono chiesto: come sarebbe la vita di una persona che vive solo attraverso le storie rubate agli altri?

Stai lavorando a qualche altro libro?

Ho diverse idee ma poco tempo per seguirle tutto: dovrò operare una selezione e dare priorità alla strada che ritengo più percorribile. In sintesi la risposta alla domanda è sì: sto lavorando a un altro libro, ma non so ancora quale.

Il tuo sogno?

Il sogno “per la vita” non lo rivelo, per scaramanzia. Quello letterario più che altro è una speranza: che chi legge i miei racconti e i miei romanzi possa emozionarsi durante la lettura, provare emozioni, sensazioni. A mio modo di vedere la critica peggiore che chi scrive un romanzo possa ricevere è:”Il tuo romanzo non mi ha lasciato nulla, è freddissimo”. Mi piacerebbe poter lasciare un segno, anche sottolissimo, nelle vite di chi si imbatte nel mio scritto.

Contatti:
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