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Terreno comune di Naomi Ishiguro | Recensione

Bicicletta e vento in faccia: solo così Stan può sfuggire alle prese in giro dei compagni e all’atmosfera pesante di casa. Un pomeriggio d’autunno, nel parco dove ama passare il tempo solo e in pace, conosce un ragazzo nuovo in città e diverso da tutti gli altri: è gentile, non va a scuola e vive in una roulotte. «Zingaro», lo definisce sprezzante il capo dei bulli. L’amicizia può resistere alle differenze e ai pregiudizi? E allo scorrere del tempo? Stan ha tredici anni e si è appena iscritto a una scuola nuova. Timido, studioso e occhialuto, non ha ricevuto l’accoglienza che sperava. Huxley e i suoi scagnozzi cominciano a tormentarlo già sullo scuolabus. La situazione non è rosea nemmeno a casa: il padre è morto e la madre si trascina triste e stanca. Ma un giorno Stan conosce Charlie, un ragazzo di tre anni più grande. Charlie è uno fico, che fa pugilato e che non ha paura di sporcarsi con il grasso della bicicletta. Si definisce «viaggiante», ma gli altri lo chiamano «rom», e certi anche «zingaro». Fatto sta che sa un sacco di cose interessanti e, incredibile a dirsi, vuole essere suo amico. È pronto addirittura a prendere le sue difese contro i bulli della scuola. A un certo punto, però, la faccenda si complica e il loro rapporto subisce, letteralmente, un brutto colpo. Una decina di anni dopo, a una festa a Londra, Stan e Charlie si rincontrano. Stan studia giornalismo, Charlie lavora in un magazzino. Birra dopo birra, ha anche messo su un po’ di pancia. Stan si mostra caloroso, questo sì, ma dietro quella giacca di tweed e quei bei discorsi astratti da intellettuale è rimasto qualcosa della persona di un tempo? La solidarietà passata resta valida anche a parti invertite?

Da amante della letteratura orientale come non leggere il libro della figlia di Kazuo Ishiguro?

Naomi Ishiguro con “Terreno comune” racconta una storia di vita che parte dall’adolescenza, tratta di un’amicizia che nonostante le avversità si consolida e rimane fino all’età adulta.

Con un linguaggio più fresco e moderno del padre, l’autrice intrattiene il lettore con uno stile chiaro e moderno. 

Fin dalle prime pagine il lettore conosce Stan, un ragazzino di tredici anni che è oppresso dal bullismo che vive a scuola, mentre a casa ha una madre persa nella sua malinconia per la perdita del marito, ma le giornate di Stan cambiano nel momento in cui incontra Charlie. Charlie ha sedici anni, ha una visione della vita diversa dalla sua, è coraggioso, sfrontato e tutti lo considerano uno zingaro per le radici della sua famiglia. Stan per la prima volta trova un vero amico e non si fa influenzare dai pregiudizi della gente.

La prima parte del libro è quella forse più lenta, ma che ho apprezzato di più perché tratta della nascita del loro rapporto, piano, piano il lettore entra in confidenza con questi due personaggi che, seppur con radici diverse, l’amicizia nasce solida e profonda fin dall’inizio. Dopo un incidente c’è un salto temporale e incontriamo di nuovo Stan e Charlie, diversi perché la vita cambia le persone, ma non muta il loro rapporto anche dopo anni di silenzi.

Ho apprezzato molto l’evoluzione e il cambiamento dei due protagonisti che ho trovato realistici e ben caratterizzati, avrei preferito un maggior approfondimento sulle figure secondarie, ma nel complesso la struttura funziona.

La storia è lineare, si parla di storie di vita, di bullismo, di pregiudizi, ma anche di speranza e di amicizia. Una storia che fa riflette e che tratta temi anche attuali. 

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Klara e il Sole di Kazuo Ishiguro | Recensione

Seduta in vetrina sotto i raggi gentili del Sole, Klara osserva il mondo di fuori e aspetta di essere acquistata e portata a casa. Promette di dedicare tutti i suoi straordinari talenti di androide B2 al piccolo amico che la sceglierà. Gli terrà compagnia, lo proteggerà dalla malattia e dalla tristezza, e affronterà per lui l’insidia più grande: imparare tutte le mille stanze del suo cuore umano. Dalla vetrina del suo negozio, Klara osserva trepidante il fuori e le meraviglie che contiene: il disegno del Sole sulle cose e l’alto Palazzo RPO dietro cui ogni sera lo vede sparire, i passanti tutti diversi, Mendicante e il suo cane, i bambini che la guardano dal vetro, con le loro allegrie e le loro tristezze. Ogni cosa la affascina, tutto la sorprende. La sua voce, così ingenua ed empatica, schiva e curiosa quanto quella di un animale da compagnia, appartiene in realtà a un robot umanoide di generazione B2 ad alimentazione solare: Klara è un modello piuttosto sofisticato di Amico Artificiale, in attesa, come la sua amica Rosa e il suo amico Rex, e tutti gli altri AA del negozio, del piccolo umano che la sceglierà. A sceglierla è la quattordicenne Josie. E fin dalla sua prima visita al negozio, nonostante l’ammonimento di Direttrice sulla volubilità dei bambini, Klara sente di appartenerle, e per sempre. Josie è una ragazzina vivace e sensibile, ma afflitta da un male oscuro che minaccia di compromettere le sue prospettive future. Per lei Klara è pronta ad affrontare la brusca autorevolezza di una madre cupa e indecifrabile, l’ostilità spiccia di Domestica Melania e gli scherzi cattivi dei compagni speciali che frequentano con Josie gli «incontri di interazione», e che mal sopportano i diversi. Quando la malattia di Josie colpisce più duramente, Klara sa che cosa fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta, anche a costo di qualche sacrificio; deve impegnarcisi anima e corpo, come se anima e corpo avesse.

Una storia che con delicatezza affronta temi importanti e pone al lettore una domanda: può un’intelligenza artificiale comprendere i sentimenti umani?

Il lettore conosce Klara, un robot umanoide che si nutre di energia solare. Il suo obiettivo è quello di sostenere e di provvedere ai bisogni del suo amico umano. Un giorno viene scelta da Josie, una ragazzina che purtroppo ha una malattia che non le rende la vita semplice. Sarà compito di Klara aiutarla. 

La storia è vista dal punto di vista di Klara, un robot che si limita ad analizzare ogni aspetto umano. La protagonista ha una grande sensibilità nel cogliere le sfumature delle emozioni umane, e ho trovato affascinante e a volte simpatico il modo in cui si approccia alle situazioni. Klara sembra una bambina, e come tale cerca di fare sue le esperienze, al fine di provvedere al meglio ai bisogno di Josie. 

Lo stile di Ishiguro è descrittivo, ma scorrevole. I particolari dell’ambientazione, della società in cui si muovo i personaggi, si scoprono mano, mano. L’autore dissemina tasselli di informazioni tra i capitoli per poi arrivare a metà libro dove si ha ben chiaro il quadro della situazione. 

Per la maggior parte del libro Klara ha un ruolo passivo, si limita a osservare e si scopre che non solo la vita di Josie è problematica per la sua malattia, ma anche per la sua situazione familiare. Grande amico e anche amore della piccola umana di Klara è Ricky, un ragazzino che però viene emarginato dalla società perché non è “potenziato” come Josie e i compagni che frequenta. Ci troviamo in una società in cui i ragazzi potenziati hanno la prospettiva di una vita soddisfacente e brillante, futuro che non si prospetta per Ricky, il quale non rientra in questa categoria. 

Durante la lettura mi sono chiesta più volte “perché il titolo Klara e il Sole?”, all’inizio pensavo perché la protagonista si alimenta dei raggi solari, ma addentrandomi nella lettura si scopre che il sole ha più livelli di interpretazione: a volte ha una visione poetica, altre viene visto come una semplice stella, altre ancora ha una valenza divina. 

La storia scorre, anche se ci sono pause e momenti di riflessioni, ma tutto ciò ha un senso, essendo che Klara si trova ad assimilare le situazioni che vive. Klara e il Sole è una storia lenta, intima che al termine della lettura vi lascerà sulle labbra un sorriso pieno di malinconia.

#Prodottofornitoda @Einaudi

Se i gatti scomparissero dal mondo di K. Genki | Recensione

Se i gatti scomparissero dal mondo

Kawamura Genki

Di lavoro fa il postino, mette in comunicazione le persone consegnando ogni giorno decine di lettere, ma il protagonista della nostra storia non ha nessuno con cui comunicare. La sua unica compagnia è un gatto, Cavolo, con cui divide un piccolo appartamento. I giorni passano pigri e tutti uguali, fin quando quello che sembrava un fastidioso mal di testa si trasforma nell’annuncio di una malattia incurabile. Che fare nella settimana che gli resta da vivere? Riesce a stento a compilare la lista delle dieci cose da provare prima di morire… Non resta nulla da fare, se non disperarsi: ma ecco che ci mette lo zampino il Diavolo in persona. E come ogni diavolo che si rispetti, anche quello della nostra storia propone un patto, anzi un vero affare. Un giorno di più di vita in cambio di qualcosa. Solo che la cosa che il Diavolo sceglierà scomparirà dal mondo. Rinunciare ai telefonini, ai film, agli orologi? Ma certo, in fondo si può fare a meno di tutto, soprattutto per ventiquattr’ore in più di vita. Se non fosse che per ogni oggetto c’è un ricordo. E che ogni concessione al Diavolo implica un distacco doloroso e cambia il corso della vita del protagonista e dei suoi cari. Soprattutto quando il Diavolo chiederà di far scomparire dalla faccia della terra loro, i nostri amati gatti. Kawamura Genki ci costringe a pensare a quello che davvero è importante: alle persone che abbiamo accanto, a quello che lasceremo, al mondo che costruiamo intorno a noi.

 

Come cambierebbe il mondo? E come cambierebbe la mia vita?
Se io scomparissi dal mondo, intendo. 
Il mondo non cambierebbe di una virgola e tutto andrebbe avanti allo stesso modo, giorno dopo giorno? 

Un romanzo surreale e dai toni fiabeschi che tratta dell’importanza delle piccole cose della vita. 

Se mi seguite su instagram sapete che questo è stato un acquisto impulsivo, dettato dalla combinazione gatti e autore giapponese. Mi aspettavo una semplice lettura di intrattenimento e invece non solo l’ho trovata leggera, ironica e divertente, ma anche piena di messaggi importanti e punti di riflessione.

Il tutto è narrato dal punto di vista del nostro protagonista e,  con uno stile frizzante e ironico, Genki permette al lettore di immergersi completamente nella storia. 

Il nostro protagonista è un uomo di trent’anni che all’improvviso scopre di avere pochi giorni di vita a causa di un tumore. In un momento di disperazione compare dinanzi ai suoi occhi il diavolo in persona che gli propone uno scambio: per ogni cosa che fa sparire dalla faccia della terra gli allungherà la vita di un giorno. E così, il povero sventurato, passerà dei giorni a “giocare” con il diavolo, cercando di vivere il più a lungo possibile. 

La storia si apre con il protagonista, di cui si ignora il nome, che scrive una lettera raccontando questa avventura/disavventura a una persona molto importante della sua vita. Ogni volta che il diavolo fa sparire qualcosa (come telefoni, film ecc.) il ragazzo affronta i pro e i contro di tale avvenimento, e la sua mente corre al passato, alla sua infanzia e alla sua amata madre che ormai non c’è più. Da questi ricordi si scopre qualcosa in più sul suo passato e sul forte legame che aveva con la madre.

Adoro come Genki realizza il diavolo che è ironico, sarcastico, esagerato, divertente, esattamente la punta di comicità che ci vuole per rendere quest’opera tragicomica e incisiva. 

Le pagine scorrono velocemente, tra le righe ci sono vari punti di riflessioni sulla vita e su ciò che ci circonda che però reputiamo superfluo, non ci diamo il giusto peso perché lo abbiamo sempre a portata di mano. Il finale l’ho trovato commovente, elegante, poetico… perfetto! Una chiusura di storia che mi ha fatto scendere la lacrima.

Se i gatti scomparissero dal mondo non è solo una storia ironica, surreale e fiabesca, ma è anche un inno alla vita che ci consiglia di tenere bene a mente ciò che amiamo veramente.