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Un fato così ingiusto e solitario di Brigid Kemmerer

e cose sono sempre state facili per il Principe Rhen, erede al trono del regno di Emberfall. O almeno, lo sono state finché una potente incantatrice non ha lanciato una spietata maledizione su di lui. Ora Rhen è condannato a rivivere all’infinito l’autunno dei suoi diciott’anni e a trasformarsi in una creatura mostruosa portando dovunque morte e distruzione – e lo sarà finché una ragazza non si innamorerà di lui. Per la giovane Harper, invece, le cose non sono mai state facili. Il padre se ne è andato da tempo lasciandosi dietro una montagna di debiti, la madre è in fin di vita, e il fratello, che riesce a malapena a tenere unita la famiglia, l’ha sempre sottovalutata a causa della paralisi cerebrale che l’affligge: Harper ha dovuto imparare in fretta a fare affidamento solo su se stessa per sopravvivere. Ma un giorno, viene rapita e portata nel magico e terribile mondo di Emberfall perché Rhen possa conquistare il suo cuore e spezzare finalmente il maleficio. Un principe? Un mostro? Una maledizione? Harper è sconvolta e disorientata, ma anche determinata a fare di tutto pur di ritornare nel proprio mondo e dalla famiglia che ha bisogno di lei. Tuttavia col passare dei giorni, man mano che la diffidenza nei confronti di Rhen si trasforma in amicizia (e forse in qualcosa di più) la ragazza si rende conto che anche Emberfall ha bisogno di lei. Perché forze potenti e oscure minacciano il regno e la vita di tutti, e non basterà spezzare la maledizione per salvare Harper, Rhen e il futuro di entrambi dalla rovina totale.

Un young adult fantasy con una protagonista forte e determinata. 

Lo ammetto!
Sono stata catturata da questo libro proprio perché la storia riprende un po’ la linea de La Bella e la Bestia.

Il principe Rhen viene maledetto a rivivere la stagione dei suoi diciotto anni e ogni volta si tramuta in una bestia diversa che dissemina terrore e morte nel suo regno. L’unico modo per spezzare la maledizione è trovare una ragazza che si innamori di lui. Al suo fianco c’è il Capo delle Guardie Reali Grey, il quale ha la possibilità di viaggiare nell’altro mondo (ovvero quello nostro), dove per una serie di casi porterà la ragazza sbagliata nel regno di Emberfall. Da qui abbiamo la protagonista femminile Harper, una ragazza che ha una situazione familiare molto burrascosa: il fratello lavora per degli strozzini, suo padre è scappato per i debiti e sua madre è gravemente malata. In più Harper ha dei problemi fisici a causa della paralisi cerebrale.

Si tratta del primo volume di una trilogia. E’ un capitolo introduttivo e per alcuni potrebbe risultare forse un po’ lento, proprio perché va a introdurre i personaggi e la storia, ma personalmente questa “lentezza” a me non ha dato fastidio, anzi. La scrittura è fluida e semplice, e la definisco una “lettura a snack” perché una pagina tira l’altra. I capitoli si alternano dal punto di vista di Harper e di Rhen e ciò permette al lettore di entrare in sintonia con entrambi.

Devo dire che ho apprezzato molto Harper: una ragazza che ha le sue fragilità e le sue paure per la situazione che vive in famiglia, e proprio per questo non sopporta vedere le persone in difficoltà.

Grey è un personaggio che mi ha affascinata fin dall’inizio. Un ragazzo dedito al dovere, forte, intelligente, esperto con le armi e nel combattimento, ma dietro quel muro di freddezza c’è anche un lato tenero che poche volte scopre nella storia.

Credo che la “pecca” del romanzo sia proprio Rhen, perché dall’inizio fino alla fine del libro non fa altro che incolparsi e commiserarsi per gli errori che ha fatto. Insomma, capisco la situazione, ma avrei preferito un po’ meno “pippe mentali”, ma ovviamente è una questione di gusti.

A Emberfall c’è un’ambientazione medievale e altra cosa che ho apprezzato del romanzo è che non si focalizza solo sulla storia tra i due protagonisti, ma piano, piano si scopre che la maledizione ha causato disagi e problemi anche al popolo, per non parlare delle mire politiche di un altro regno. 

Per quanto riguarda la storia tra Harper e Rhen è un amore che ha i suoi tempi, delicato, ma anche molto concreto in fatto di azioni. Se vi aspettate un’amore travolgente e passionale allora andate oltre perché non è quello che succede in questo primo volume e questa cosa l’ho molto apprezzata. Si rispettano i tempi, le pause per far in modo che questa relazione prenda corpo e che sia soprattutto coerente. Quindi per me è stato un grande punto a favore.

Insomma è stata una lettura piacevole che mi ha intrattenuto e non vedo l’ora  di scoprire qualcosa in più su Grey perché gli viene rivelato un segreto!

Il primo caffè della giornata di Kawaguchi | Recensione

Nel cuore del Giappone esiste un luogo che ha dello straordinario. Una piccola caffetteria che serve un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare emozioni lontane. Di far rivivere un momento del passato in cui non si è riusciti a dare voce ai propri sentimenti o si è arrivati a un passo dal deludere le persone più importanti. Per vivere quest’esperienza unica basta seguire poche e semplici regole: accomodarsi e gustare il caffè con calma, un sorso dopo l’altro. L’importante è fare attenzione che non si raffreddi. Per nessuna ragione. Ma entrare in questa caffetteria non è per tutti: solo chi ha coraggio può farsi avanti e rischiare. Come Yayoi, che, privata dell’affetto dei genitori quando era ancora molto piccola, non crede di riuscire ad affrontare la vita con un sorriso. O Todoroki, cui una carriera sfavillante costellata di successi non ha dato modo di accorgersi della felicità che ha sempre avuto a portata di mano. O ancora Reiko, che non ha mai saputo chiedere scusa all’amata sorella e ora si sente schiacciata dal senso di colpa. E Reiji, per cui una frase semplice come «ti amo» rappresenta ancora un ostacolo invalicabile. Ciascuno vorrebbe poter cambiare quello che è stato. Riavvolgere il nastro e ricominciare da capo. Ma cancellare il passato non è la scelta migliore. Ciò che conta è imparare dai propri errori per guardare al futuro con ottimismo.

Questo è il terzo libro che leggo di Kawaguchi e penso proprio che sia diventato il mio autore del cuore.
Vi parlo del terzo volume della serie di Finché il caffè è caldo, ovvero Il primo caffè della giornata. 

Il mood della storia è sempre lo stesso: c’è questa caffetteria dove è possibile tornare indietro nel tempo, non si può cambiare il passato, ma il confronto aiuta le persone a convivere con i propri dolori, ad accettarli e ad andare avanti. Il viaggio si deve terminare prima che il caffè si raffreddi. Filo conduttore dei racconti che compongono i libri è la caffetteria e la famiglia che la gestisce.

Nei primi due volumi il lettore si concentra sui protagonisti delle varie storie, ma in questo terzo capitolo, anche se la struttura e la dinamica è sempre la stessa, ho notato un maggior approfondimento sulla famiglia Tokita, quindi vi parlerò del libro soffermandomi su questo punto di vista della storia. 

Nel primo volume conosciamo meglio il burbero, ma anche dolce Nagare, nel secondo c’è un approfondimento su sua cugina Kazu, in questo terzo volume si torna a parlare di Nagare e di sua madre, la signora Yukari Tokita. Proprio per quest’ultimo personaggio, Nagare con sua cugina e sua nipote, per un periodo, lasciano la caffetteria a Tokyo e si trasferiscono alla caffetteria di Yukari che si trova a Hokkaido, dove è possibile anche qui viaggiare nel tempo. Abbiamo le stesse regole, con quasi lo stesso personale della caffetteria di Tokyo e con un fantasma diverso che occupa la sedia. 

Kawaguchi affronta le problematiche delle relazioni umane in modo delicato e sensibile. 

Anche in questo volume si parla di elaborazione del lutto, di amore, di famiglia, di rimorsi, di aspirazioni di vita, di amicizia e l’autore è capace di coinvolgere storia dopo storia. Forse l’unica “pecca” è che la dinamica malattia/morte si ripete troppo spesso nelle storie, ma è una questione di gusti. 

In questo scenario, con un’ambientazione intima e il più delle volte malinconica, c’è la piccola Sachi che con la sua dolcezza e ingenuità infantile alleggerisce alcune scene, ma mantiene la sua serietà nel momento in cui deve versare il caffè perché nella famiglia Tokita solo le donne posso farlo nel momento in cui compiono sette anni. 

Insomma, se vi è piaciuto Finché il caffè è caldo e Basta un caffè per essere felice, vi straconsiglio questo terzo volume!

 

#Prodottofornitoda @Garzanti

La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Murakami | Recensione

In una piccola e spettrale città chiusa dentro mura che la separano dal resto del mondo, vivono abitanti privi dell’ombra e dei sentimenti, tranquilli al riparo di ogni emozione. Tra di loro, un nuovo arrivato ha il compito di leggere “i vecchi sogni” nel teschio degli unicorni, unici animali del luogo, cogliendo frammenti di memorie e di un’altra vita, di un’altra possibile dimensione. In parallelo, in un’asettica disumana e futuribile Tokyo, un uomo sarà coinvolto da uno scienziato tanto geniale quanto sconsiderato in un esperimento a rischio della vita che lo porterà a calarsi nei sottosuoli della città, in lugubri voragini animate da creature mostruose e maligne, metafore delle paure che agitano la coscienza di tutti. Ed è proprio lì, nel buio fondo della mente, che si troverà la chiave dell’enigma, la soluzione del mistero che lega i personaggi dei due mondi, che sono in realtà l’uno il riflesso dell’altro. Sarà possibile lo scambio tra le due dimensioni, il passaggio in entrambi i sensi, o il viaggio sarà senza ritorno?

Ho un rapporto di odio e amore con Murakami.
L’ultimo libro che ho letto è stato Kafka sulla spiaggia, un titolo che tutti amano, ma che io purtroppo non ho apprezzato. Questa volta mi sono approcciata a una storia che è sulla stessa scia del realismo magico di Kafka sulla spiaggia, ma che mi ha coinvolta molto di più.

Murakami crea due storie parallele, pregne di realismo magico e con personaggi di cui non si sanno i nomi.

I capitoli si alternano in due mondi diversi “la fine del mondo” e “nel paese delle meraviglie”. Nel primo scenario c’è un’ambientazione cupa, un po’ claustrofobica, in cui il protagonista arriva in una città isolata dal mondo dove vivono personaggi privi di ombra e senza sentimenti. Il protagonista è un uomo che,  mentre inizia il lavoro come “lettore di sogni”, cercherà a tutti i costi di riappropriarsi della sua ombra e di non perdere la capacità di provare sentimenti. Nello stesso momento incontra una giovane ragazza che gli ruberà il cuore.

Nel paese delle meraviglia invece ci troviamo in una città cupa, cibernetica, frenetica, dove il protagonista verrà coinvolto da uno scienziato nei suoi piani ben poco chiari all’inizio. Qui ci sono creature misteriose che abitano sottoterra: gli Invisibili.

Ogni volta che leggo un libro di Murakami già so che mi devo preparare a un viaggio spericolato, colmo di elementi onirici e situazioni fuori di testa. Sarò onesta, non è stata una lettura scorrevole, o per lo meno io ho fatto un po’ fatica a seguire la trama per la sua particolarità, ma allo stesso tempo mi ha tenuta  incollata alle pagine. Il romanzo gioca di contrasti con messaggi e scene, il non dare un nome ai personaggi è come se li rendesse meno definiti, ma non per questo freddi.

Ho apprezzato molto di più la storia ne “la fine del mondo” forse perché ho amato l’ambientazione grottesca e a tratti fiabesca. Il ritmo di questa storia scorre in modo più fluido a differenza della trama ne “il paese delle meraviglie” dove c’è sicuramente più azione e anche spiegazioni scientifiche e filosofiche di quello che succede. 

Più che una semplice lettura è una vera e propria esperienza nella mente dell’autore. Si entra in contatto con il suo mondo onirico e surreale, e ancora mi chiedo come possa aver pensato a determinate cose.

Se vi è già familiare la penna di Murakami, soprattutto per quanto riguarda le sue storie basate sul realismo magico, allora vi consiglio di recuperarlo 🙂

I piaceri della letteratura giapponese di Donald Keene | Recensione

Basati sulle conferenze che Donald Keene tenne alla New York Public Library, al Metropolitan Museum of Art e alla University of California di Los Angeles, i cinque saggi che compongono questo volume costituiscono una perfetta introduzione alla letteratura giapponese classica. Partendo da un’analisi dei tratti che contraddistinguono l’estetica giapponese – espressione, in gran parte, dell’atteggiamento nei confronti del mondo e dell’esistenza –, Keene ripercorre la storia della poesia, della narrativa e del teatro giapponesi nel corso di più di un millennio, considerandone temi, generi e tradizioni. Dalle poesie sulla natura e le stagioni a quelle sull’impermanenza di tutte le cose; dai romanzi che raccontano la vita e gli amori degli uomini e delle donne di corte ai suggestivi drammi del repertorio nō, fino alla comicità rumorosa del kabuki, quello che emerge è un panorama ricchissimo per forme e contenuti, manifestazione di una cultura raffinata che affascina da sempre il pubblico occidentale.

Un piccolo saggio che introduce al mondo della letteratura giapponese. 

Donald Keene ha insegnato letteratura giapponese e nel corso dei suoi anni di lavoro ha fatto delle conferenze da cui sono nati i cinque saggi che compongono questo volume edito Lindau.

Se siete inesperti del tema e vi state avvicinando alla letteratura giapponese, vi consiglio questo libro perché è proprio una base, una prima infarinatura che vi dà ottimi spunti bibliografici per approfondire alcuni aspetti letterari.

Keene parte con l’esplorazione del concetto dell’estetica giapponese, identificando i quattro aspetti del gusto nipponico, per poi sondare il terreno della poesia, della prosa e del teatro. 

Ammetto di non essere una grande amante della poesia, ma Keene è riuscito a catturarmi nella narrazione storica e nella sua evoluzione. I saggi che ho trovato più interessanti sono sicuramente quelli che riguardano la prosa e il teatro. Nel primo Keene fa riferimento ad alcuni testi tra cui quelli più classici come la Storia di Genji, il Kojiki e tanti altri, nel secondo si parla dei due teatri più conosciuti, ovvero il Kabuki e quello del No, ma si riscontrano tipologie di teatro anche più antiche e che traggono origine da quello cinese.

Insomma, se siete interessati a questo universo orientale, sicuramente questo saggio è un ottimo punto di partenza. 

#Prodottofornitoda @Lindau

Il figlio della fortuna di Yūko Tsushima | Recensione

Kōko, insegnante di pianoforte part-time e madre single di una figlia che disapprova le sue scelte, avverte con turbamento dentro di sé i segnali di una gravidanza non pianificata. Il germogliare della nuova vita, l’eco del passato e il susseguirsi di eventi fuori dal suo controllo la spingono a intraprendere un viaggio al limitare tra la coscienza e il sogno che la condurrà all’indimenticabile rivelazione finale – dopo la quale Kōko proclamerà il suo silenzioso trionfo in un’insurrezione contro qualsiasi norma, riconquistando un terreno di autentica fertilità nel radicale atto di fedeltà verso sé stessa.

Mi sono avvicinata a questo libro per il nome dell’autrice.
Yuko Tsushima era figlia di Osamu Dazai, un autore che nello scenario postbellico della letteratura giapponese ha avuto un grande rilievo. Dell’autore ho nella libreria “Lo squalificato” che non ho avuto ancora modo di leggere, ma dopo aver conosciuto la penna della figlia, approfondirò anche il modo di narrare del padre.

Ma torniamo a noi.
Il figlio della fortuna è una storia lineare, intima e introspettiva.
La storia esplora la psiche di Koko, una donna volubile, incerta nella vita, che non sa cosa vuole, contraddittoria e che ha avuto un trascorso sentimentale burrascoso. L’autrice tocca tutte le sue problematiche, andando a sondare anche alcuni problemi sociali della cultura giapponese: come il concetto di adeguarsi a un prototipo di “normalità” (donna felicemente sposata con figli). Si parla anche della sessualità femminile e soprattutto della maternità. 

Koko ha una relazione “lampo” con Hatanaka, dopo neanche un mese vanno a convivere insieme, lei esce incita e si sposano. Koko si lascia trascinare dagli eventi, pensando che sia la cosa giusta o la cosa più “normale” da fare, eppure già nota che qualcosa non va nel momento in cui nasce la figlia Kayako perché non ha il desiderio di vederla. Il tempo passa. Questa relazione finisce, Koko a malapena riesce a provvedere a se stessa e così lascia che sia sua sorella (che ha la tipica famiglia perfetta) a prendersi cura di Kayako.

Ho trovato molto interessante il contrasto netto tra madre e figlia: Koko è trasandata, non ha ambizioni e non riesce a gestire le situazioni della sua vita, a differenza di Kayako che ha solo undici anni eppure sembra lei l’adulta tra le due che è ambiziosa, determinata, precisa e razionale.

In un’alternanza tra presente e passato il lettore segue il percorso di vita di Koko e il suo stato emotivo e psicologico. A un certo punto sa di aspettare un bambino e la sua mente vaga riguardo alle ipotesi sul futuro. E quando si pensa di aver capito quale sarà la direzione della storia ecco che arriva un colpo di scena che spiazza e subito dopo un finale che lascia un po’ nell’incertezza il lettore. 

Un romanzo intimo con una protagonista particolare che non si vuol far ben volere dal lettore, ma si mette a nudo, trascinandolo nelle sue riflessioni, toccando le corde più delicate dell’animo umano.

#Prodottofornitoda @Safarà Editore 

Il castello incantato di Olia di Sophie Anderson | Recensione

La famiglia di Olia vive a Castel Mila, un’antica dimora affacciata su un grande lago, fatta con tronchi di pino e sormontata da cupole splendenti. Babusya, la nonna, dice che quelle cupole brillano perché sono piene di magia, ma Olia ha tredici anni e non ha ancora mai visto nulla di eccezionale sprigionarsi dall’edificio. Eppure un giorno riesce a scorgere un domovoi, uno spirito della casa, che si presenta come un ometto dalle sembianze volpine. Possibile allora che il vento inquietante che soffia da qualche tempo sia davvero dovuto alla magia, che preme per liberarsi dalle cupole? Per salvare il castello e i suoi abitanti dalla distruzione, Olia deve trovare il modo di entrare nel mondo da cui la magia sta sfuggendo e tentare di fermarla al più presto. Il castello incantato di Olia è un’avventura dall’atmosfera onirica e fiabesca, un romanzo ricco di personaggi da cui sarà difficile separarsi.

Una storia dai toni fiabeschi che ti fa respirare magia fin dalle prime pagine.

Olia è una ragazzina di tredici anni che vive a Castel Mila insieme alla sua famiglia composta dalla madre, dal padre, dalla sorellina e da sua nonna. Degli strani avvenimenti si abbattono sulla casa e così Olia e il domovoi (uno spirito della casa) partono in un viaggio che li porterà in una terra magica al fine di bloccare la catastrofe che sta per abbattersi a Castel Mila.

L’ambientazione russa non fa solo da sfondo alla storia perché l’autrice ne approfitta per far conoscere al lettore alcune figure del folclore russo. Tra questi conosciamo il domovoi, che è lo spirito che ha il compito di proteggere la casa in cui dimora, ma ci sono anche altre figure mitiche come la kikimora, spiriti del fuoco, maghi e non solo.

Lo stile di scrittura di Anderson è scorrevole e incantevole, già solo nella descrizione di Castel Mila riesce a far respirare al lettore pura magia, per non parlare del viaggio avventuroso che intraprende Olia nella Terra della Magia Proibita, dove non solo incontrerà personaggi bizzarri, ma scoprirà altre storie fantastiche in particolar modo quella della sua antenata Ludmila.

La protagonista è una ragazzina che mette al primo posto l’amore per le persone a cui tiene, ho adorato il rapporto di intesa che ha con sua nonna e il suo animo è puro e coraggioso come una vera eroina. I personaggi che incontra e che traggono origine dal folclore russo li ho trovati bellissimi nella loro caratterizzazione, dando alla storia quel tocco di fantastico e di brio.

Olia intraprende un vero e proprio viaggio dell’eroe in cui affronta le avversità con coraggio e bontà, il tutto per proteggere la famiglia e soprattutto la sua sorellina. 

#Prodottofonitoda @Rizzoli

La gatta, Shozo e le due donne di Tanizaki | Recensione

Shinako non può dimenticare Shozo, il marito che l’ha cacciata e si è subito accasato con l’altra, la rivale, la bella Fukuko. Certo dovrebbe odiare quell’uomo perfido e infedele, serbargli rancore, ma non soltanto non può, ma desidera ardentemente tenere con sé almeno un ricordo del loro matrimonio, della casa piena di felicità costruita insieme. E quale ricordo migliore di Lily per alleviare il dolore e la tristezza? Lily, la gatta così amata dal suo ex consorte da spingerlo a eccessi svenevoli e morbosi, come giochicchiare ogni sera con lei imboccandola con piccoli sugarelli marinati in salsa di soia e aceto? Quando Shinako viveva sotto lo stesso tetto di Shozo non sopportava di vedere il marito rivolgere le sue affettuose attenzioni alla gatta e, per ripicca, la trattava male di nascosto. Ora, però, prova un’immensa nostalgia per tutto ciò che c’era in quella casa e in particolare per Lily.

Una storia breve e scorrevole che ho trovato a tratti comica.

Questa è la prima volta che leggo un titolo di Tanizaki. Sento sempre parlare bene di questo autore orientale e, anche se so che questo titolo non è tra i migliori che ha scritto, mi sono fatta conquistare dalla presenza della gatta e dalla trama che mi sembrava un bel po’ bizzarra.

Il protagonista di questa storia è Shozo, un uomo infantile e fannullone che prova un grande amore per la sua gatta Lily. Le attenzioni amorevoli che rivolge l’uomo alla sua gattina hanno scaturito la gelosia prima di Shinako (ex moglie) e poi di Fukuko (l’attuale moglie).

La scrittura di Tanizaki è scorrevole e diretta, la storia intrattiene fin dalla prima pagina e anche se la regina del libro è proprio Lily perché tutto gira intorno a questa figura felina, c’è anche una discreta caratterizzazione dei personaggi.

Shozo è un uomo bambinone e infantile, non è perfetto, nel suo percorso ha fatto degli errori, eppure quando incontra Lily il suo universo si riduce a lei. Credo che tutti cambiamo quando stiamo con il nostro animale domestico, io personalmente divento scema quando sto con i miei gatti. Ed è proprio questo che succede a Shozo. Shinako è un personaggio che cerca di ricostruire se stessa, di uscire dalla propria solitudine, mentre Fukuko è una donna volubile, frivola, che cambia facilmente l’umore.

Insomma con questo trio di umani, insieme anche alla madre di Shozo, Lily riesce a tenere quasi tutti ai suoi comandi in un modo o nell’altro. Perché, come dico sempre, la vita è fatta per i gatti XD!

Ponte di anime di Victoria Schwab | Recensione

È lei che insegue gli spettri, o è il contrario? Sia come sia, Cass potrebbe avere un talento per scovare gli spiriti inquieti. Insieme a Jacob, il suo migliore amico fantasma, è sopravvissuta a due città infestate mentre era in viaggio per il programma televisivo dei suoi genitori. Tuttavia nulla potrebbe prepararla a quel che la attende a New Orleans, un luogo che pullula di antiche magie, società segrete e terrificanti sedute spiritiche. Ma la sorpresa più terribile è un nemico che Cass non avrebbe mai sospettato di dover affrontare: un messaggero della Morte in persona. Sarà all’altezza della sfida? E a cosa dovrà rinunciare per vincerla?

 

Vi piacciono le trilogie per ragazzi?

Se sì, allora vi straconsiglio questa serie carinissima di Victoria Schwab.

Una storia avventurosa che parla di amicizia, di coraggio, di vita e di morte. 

Questa volta Cassidy si trova a New Orleans con i genitori, ma il pericolo è proprio dietro l’angolo perché è perseguitata da un Emissario della Morte.

Ho apprezzato tutta la storia dal primo volume. Non abbiamo una trama originale o con chissà quali colpi di scena, ma è quel tipo storia che cattura e coinvolge per le ambientazioni un po’ cupo e la caratterizzazione dei personaggi. Per me quest’ultimo punto è l’elemento forte.

Cassidy rimane sempre la stessa, ma allo stesso tempo cresce e matura perché incontra persone che la comprendono e che sanno quello che fa. Ritorna la grintosa e serissima Lara che ho adorato fin dal primo volume. E poi abbiamo Jacob, l’amico spettrale di Cassidy che se non fosse per la descrizione dell’autrice risulterebbe un ragazzo comune.

Il ritmo di questo terzo volume l’ho trovato leggermente lento rispetto agli altri due, semplicemente perché si introduce una nuova realtà che si interfaccia con gli spiriti e si presentano nuovi personaggi interessanti, ma l’azione non manca. 

Mi aspettavo un altro tipo di finale, ma nel complesso non mi è dispiaciuta la chiusura che ha scelto di fare l’autrice.