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Namamiko. L’inganno delle sciamane di Enchi | Recensione

Pubblicato in Giappone per la prima volta nel 1965, L’inganno delle sciamane mette in scena, nei palazzi splendidamente adornati e carichi di segreti della corte del periodo Heian, l’indimenticabile storia d’amore tra l’Imperatore Ichijō (980-1011) e la sua Prima Consorte Teishi, e la sottile lotta politica messa in atto dal potente Cancelliere Michinaga per dividerli. La strategia dell’alto funzionario passerà per il corpo e per le labbra di ingannevoli sciamane, due sorelle che loro malgrado diverranno potenti guardiane di verità e menzogne, nonché autentico cuore di una storia memorabile che ha attraversato i secoli fino a giungere a noi grazie alla limpida scrittura di Fumiko Enchi. Attraverso un intreccio sul limitare tra verità storica e romanzo, in un ordito delicato e potente, Namamiko monogatari viene consegnato ai lettori contemporanei come un’esperienza letteraria di rara intensità.

Namamiko è stata una storia che mi ha intrattenuto e incuriosito, ma devo ammettere che ho fatto anche un bel po’ di fatica durante la lettura.

Pubblicato in Giappone per la prima volta del 1965, Namamiko – L’inganno delle sciamane racconta della storia d’amore, ambientata nel periodo Heian, tra  l’imperatore  Ichijō e la sua Prima Consorte Teishi, ma attenzione perché la trama non si focalizza sulla semplice relazione tra i due consorti, ma si evolve in uno scenario politico molto più ampio.

Tutto parte con l’imperatore Ichijō che sale al potere in età giovanissima e prende in sposa, come sua prima consorte,  Teishi, figlia dell’importante Ministro Michitaka. Teishi è di qualche anno più grande di Ichijō e all’inizio il ragazzo si sente in imbarazzo dinanzi alla bellezza della sua consorte, ma mano, mano che il tempo passa, il rapporto si evolve tramutandosi in amore. Le cose cambiano quando muore Michitaka e cerca di prendere il potere suo fratello Michinaga. Da qui si innescano una serie di trame politiche, partendo dai fratelli di Teishi che cercano di contrastare l’avanzata dello zio, alle cospirazioni della madre dell’imperatore Ichijō che detesta Teishi.

Nella prima parte del romanzo Fumiko Enchi racconta di come si è avvicinata a questa storia e ai testi ai quali attinge per poi realizzare un romanzo che rappresenta alcuni fatti storici e altri un po’ romanzati. Per gran parte della lettura si ha più la sensazione di leggere un saggio che un classico romanzo di narrativa, proprio perché vengono anche trascritti alcuni passi presi da altri testi.

Ciò che mi ha creato un po’ di problemi durante la lettura non è tanto la struttura del libro, quanto la difficoltà nel fissare per bene i personaggi. Anche se all’inizio del testo vi è un piccolo elenco che riassume i personaggi, ma ho veramente fatto molta fatica nel seguire tutti gli sviluppi e soprattutto nel tenere bene a mente queste figure. Nonostante questo problema, che è ovviamente un aspetto molto soggettivo, devo dire che la storia è riuscita a tenermi incollata alle pagine.

Ammetto di non essere preparata da un punto di vista storico, però ho apprezzato molto gli intrighi politici, di come Michinaga tenta in tutti i modi di distruggere il rapporto d’amore tra Ichijō e Teishi per far entrare nelle grazie dell’imperatore sua figlia. E Michinaga è disposto a usare qualsiasi mezzo per raggiunge il suo obiettivo, anche utilizzare sciamene e finte possessioni. Il libro si sofferma molto sulle dinamiche della lotta al potere, questo è anche un aspetto che mi porta a dire che si tratta più di un saggio che di un romanzo.

Nel complesso se siete affascinati dalla storia classica giapponese e avete voglia di tuffarvi negli intrighi di corte, è un libro che vi appassionerà!

 

 

Bethany e la Bestia di Jack Meggitt-Philips | Recensione

Ebenezer Tweezer è un uomo terribile con una vita meravigliosa. Sprizza giovinezza nonostante i suoi cinquecentoundici anni, e ogni giorno sale con slancio i quindici piani del suo palazzo per andare dalla bestia che vive nel sottotetto. Le dà in pasto creature di ogni genere e in cambio vede uscire dalla sua bocca tutto ciò che vuole. Ma quando la bestia si stanca di mangiare uccelli esotici e scimmie ammaestrate, soddisfarla diventa più complicato. È arrivata l’ora di assaggiare qualcos’altro, qualcosa di più tenero e succulento… come un bambino, per esempio!

Una storia per ragazzi che ricorda le tinte un po’ grottesche di Una serie di sfortunati eventi e quella punta di fantasia propria della penna di Dahl!

L’autore ci presenta subito Tweezer, un uomo che dimostra essere un giovane ragazzo, ma che in realtà ha più di cinquecento anni. Il suo segreto? Con lui vive una bestia che una volta all’anno gli dà una pozione per tenersi giovane e immortale. Tweezer ha un solo compito, quello di dare da mangiare alla bestia tutto quello che desidera, ma le cose si complicano quando il mostro decide di voler mangiare un bambino. Così Tweezer andrà all’orfanotrofio e porterà a casa con sé la tremenda e dispettosa Bethany!

Era da tanto che non leggevo una storia così scorrevole e divertente. A primo impatto mi sono trovata a fare il tifo per Tweezer perché Bethany è un’orfana egoista, maligna e dispettosa, come può un lettore affezionarsi a un personaggio del genere? Eppure, mano, mano che si va avanti nella storia, si capisce la vera essenza di questi personaggi. 

Da una parte abbiamo una bambina cresciuta senza genitori e senza amore, che ha imparato ad approcciarsi alla vita in modo prepotente, dall’altra parte abbiamo un uomo, cresciuto in solitudine, circondato solo da oggetti preziosi e dal suo egoismo. Cosa succede se questi due personaggi si trovano a vivere sotto lo stesso tetto? 

La maggior parte della storia si svolge all’interno della lussuosa e prestigiosa dimora di Tweezer, eppure, nonostante l’ambientazione sia sempre la stessa, ho trovato una certa dinamicità nella storia. Il libro è impreziosito da dalle illustrazioni in bianco e nero che per lo stile si addicono all’atmosfera un po’ horror. 

Bethany e la Bestia non è solo un’avventura horror con una punta di ironia, ma è un romanzo che insegna che con il sostegno di chi ci ama possiamo migliorare noi stessi per vivere una vita migliore. 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

La strada di Cormac McCarthy | Recensione

Un uomo e un bambino, padre e figlio, senza nome. Spingono un carrello, pieno del poco che è rimasto, lungo una strada americana. La fine del viaggio è invisibile. Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un’apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c’è storia e non c’è futuro. Mentre i due cercano invano più calore spostandosi verso sud, il padre racconta la propria vita al figlio. Ricorda la moglie (che decise di suicidarsi piuttosto che cadere vittima degli orrori successivi all’olocausto nucleare) e la nascita del bambino, avvenuta proprio durante la guerra. Tutti i loro averi sono nel carrello, il cibo è poco e devono periodicamente avventurarsi tra le macerie a cercare qualcosa da mangiare. Visitano la casa d’infanzia del padre ed esplorano un supermarket abbandonato in cui il figlio beve per la prima volta un lattina di cola. Quando incrociano una carovana di predoni l’uomo è costretto a ucciderne uno che aveva attentato alla vita del bambino. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d’acqua grigia, senza neppure l’odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una nave abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile…

La strada è uno di quei romanzi di cui ho sempre sentito parlare molto bene, quindi quando mi sono approcciata alla lettura avevo alte aspettative.

Ci troviamo in un mondo post apocalittico, in cui un padre con il proprio figlio intraprendono un viaggio per la sopravvivenza.

L’ambientazione grigia e cupa è palpabile grazie a uno stile fluido e vibrante. McCarthy scrive una storia che non ha molte descrizioni e non dà neanche molte spiegazioni, e così il lettore si focalizza su questo meraviglioso rapporto tra un genitore e il proprio figlio. I dialoghi tra i due sono semplici, forse a volte banali, ma molto intensi e intimi.

Durante il romanzo non succede poi molto, i due protagonisti nel loro percorso incontreranno delle persone, ma saranno solo delle “comparse”, dei brevi incontri, per poi tornare al loro viaggio.

Si tratta di un romanzo lento, a tratti l’ho trovato statico, ma è anche intimo e riflessivo. Personalmente non mi ha coinvolta molto, a parte qualche scena toccante tra il padre e il figlio, ma per il resto della lettura non succede poi molto e questa “staticità” della trama mi ha rallentato molto la lettura. Sicuramente è un libro non adatto a tutti, non tanto per il tema o l’ambientazione, ma per come l’autore decide di narrare questa storia. Non aspettatevi azione e neanche ulteriori spiegazioni, il tutto si sofferma sulle sensazioni e il rapporto tra il padre e il figlio.

Assedio e tempesta. GrishaVerse di Bardugo | Recensione

“Non sarà sempre così” dissi a me stessa. “Più tempo passerai da libera, più diventerà facile.” Un giorno mi sarei svegliata da un sonno senza incubi, avrei camminato per strada senza timore. Fino a quel momento, mi tenevo stretta il mio pugnale sottile, desiderando sentire il peso sicuro dell’acciaio Grisha nella mano. Ricercata per tutto il Mare Vero, perseguitata dal senso di colpa per le vite spezzate a causa sua nella Faglia d’Ombra, Alina, la potente Evocaluce, sta cercando di ricostruirsi una vita con Mal in una terra dove nessuno è a conoscenza della sua vera identità. Tuttavia, questo dovrebbe averlo imparato, non si può sfuggire al proprio passato. Né, soprattutto, ci si può sottrarre per sempre al proprio destino. L’Oscuro infatti, che non solo è sopravvissuto alla Faglia d’Ombra ma ha acquisito anche un terrificante nuovo potere, è più determinato che mai a reclamare per sé il controllo della Grisha ribelle e a usarla per impossessarsi del trono di Ravka. Non sapendo a chi altri rivolgersi, Alina accetta l’aiuto di un alleato imprevedibile. Insieme a lui e a Mal combatterà per difendere il suo paese che, in balia della Faglia d’Ombra, di un re debole e di tiranni rapaci, sta andando rapidamente in pezzi. Per riuscirci, però, l’Evocaluce dovrà scegliere tra l’esercizio del potere e l’amore che pensava sarebbe stato sempre il suo porto sicuro. Solo lei infatti può affrontare l’imminente tempesta che sta per abbattersi su Ravka e nessuna vittoria può essere guadagnata senza sacrificio. Finché l’Oscuro vivrà – questo Alina lo sa bene – non esisterà libertà per il suo paese. Né per lei. Forse, dopo tanti tentennamenti, è infine giunto il momento di smettere di scappare e di avere paura. Costi quel che costi.

Eccomi a parlare del secondo volume della serie Grishaverse.
Non dirò molto sulla trama perché non amo fare spoiler, ma posso dire che il tutto riparte esattamente dove termina Tenebre e Ossa. 

Mal e Alina sono in fuga, ma l’Oscuro è dietro l’angolo pronto a entrare in azione per riprendersi la nostra protagonista. L’ambientazione che crea la Bardugo è affascinante e ben costruita, in poche righe riesce a rendere l’idea non solo del luogo in cui ci troviamo, ma anche del tipo di società. 

Il ritmo di questo secondo volume è un po’ fiacco, ho trovato più azione e interesse nella prima metà del libro, soprattutto con l’introduzione di nuovi personaggi interessanti. Essendo il secondo capitolo della trilogia, immagino che sia normale che questo sia un volume di “preparazione” al libro conclusivo. 

Ma parliamo della protagonista che, a parer mio, è la “pecca” della storia. Alina è un personaggio che nel primo volume non mi aveva particolarmente conquistata, e in questo secondo capitolo si è accentuato di più il mio pensiero negativo su questa figura. Parliamo di una ragazza che è insicura di sé, che non ha autostima, e all’improvviso si trova tra le mani un grande potere. Da qui partono i problemi perché la protagonista non fa altro che contraddirsi nelle sue scelte, (prima vuole una cosa, poi non la vuole più, è convinta di un percorso, poi vuole cambiarlo), e da questo suo essere ambiguo non fa altro che prevalere anche una parte che trovo infantile. Che il concetto della Bardugo sia “il potere dà alla testa?”, può essere, ma rimane il fatto che purtroppo questo personaggio non ha fatto altro che irritarmi per tutta la storia. 

Ma parliamo della perla di questo romanzo: Nikolai. Un personaggio dalla caratterizzazione originale e che riesce a dare un po’ di brio alla trama. Intelligente, sfacciato e simpatico, questa figura è riuscita a strapparmi più volte un sorriso per la sua irriverenza. Per gli amanti de L’Oscuro vi avviso che qui non compare molto, ma si scopre qualcosa di più su Ilya Morozova.

Nel complesso trovo che la serie Grishaverse non sia il fantasy dell’anno, almeno fino a questo secondo volume, ma è sicuramente una storia di intrattenimento che fa il suo lavoro, merita sicuramente per l’ambientazione e lo stile di scrittura dell’autrice che è fluido e immediato. 

Personalmente trovo che la serie Sei di Corvi sia nettamente migliore sia a livello di trama e soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi che risultato, a parer mio, più realistici e originali. 

La ragazza seppellita in giardino di Angelica E. Moranelli | Recensione

Non è un bel periodo per Summer Byrne: è stata mollata dal suo ragazzo, ha l’impressione che un bellissimo ma inquietante sconosciuto la segua ovunque vada, e i suoi genitori le hanno appena comunicato che invece del viaggio post-diploma programmato con la migliore amica Jodie, dovrà trascorrere l’estate in una misteriosa scuola per persone “speciali”.Summer è, infatti, una Rievocatrice ed è destinata a far parte della Società della Clessidra d’Oro: dovrà imparare a entrare nella mente delle persone e a salvare i ricordi che rischiano di perdersi e di finire, così, nelle mani della Setta degli Occhi Bianchi, che li usa per governare il mondo.Non è facile accettare tali poteri, ma quando una misteriosa e orribile morte sconvolge la scuola, Summer capirà di non avere scelta: non è stato un incidente come tutti pensano, l’assassino è vicino e la prossima vittima potrebbe essere lei.

Ritorno a parlavi di una delle ultime opere pubblicate da Angelica, autrice e persona che adoro.  Angelica ha il potere di rendere ogni storia che scrive irresistibile, si inizia con le prime pagine e in poco tempo il lettore arriva alla fine del romanzo, almeno questo è quello che succede a me.

La ragazza seppellita in giardino è il primo volume di una duologia e si tratta di un fantasy, young adult con degli elementi thriller.
La nostra protagonista è Summer, la classica ragazza un po’ sboccata, un po’ maldestra, alle prese con i problemi dell’adolescenza e con una rottura non particolarmente felice con il suo ex alle spalle. All’improvviso Summer vive un’esperienza particolare che porterà alla luce la sua vera indole: una Rievocatrice.  Così passerà l’estate in una scuola che le insegnerà qualcosa in più sul suo ruolo e il suo destino.

La maggior parte del romanzo si sviluppa in questa Accademia dei Rievocatori che subito immerge il lettore in un’atmosfera cupa e misteriosa. Angelica crea una storia interessante, enigmatica e originale. I Rievocatori sono persone con abilità speciali che hanno il compito di salvare e di collezionare i ricordi che le persone perdono. Ovviamente c’è anche una fazione nemica che sfrutta questi ricordi per scopi malvagi.

Summer è un’adolescente arrabbiata, caparbia, spesso in conflitto con i suoi sentimenti, ma quando è vicino a Kyle, un ragazzo tenebroso, uno dei migliori Rievocatori dell’Accademia, ecco che si scatenano scene divertenti, altre volte esilaranti e altre romantiche. Tutta la storia è avvolta dall’ombra di Elizabeth Lynch e il mistero della sua morte.

Ho adorato la caratterizzazione dei personaggi secondari, i colpi di scena che si susseguono da metà libro e che lasciano il lettore con il fiato sospeso.

Una storia che non si limita alla semplice avventura, ma che mette in luce anche vari aspetti sociali come la violenza sulle donne, l’amore omosessuale, il bullismo e il coraggio di assumersi le proprie responsabilità.

Insomma se siete amanti delle storie fantasy, delle accademie, delle relazioni d’amore adolescenziali che fanno battere il cuore è una lettura che vi consiglio assolutamente!
Sono molto curiosa di scoprire cosa frulla nella testa dell’autrice con il secondo libro, e non vedo l’ora di leggerlo <3

 

Un mondo di donne di Lauren Beukes | Recensione

La maggior parte degli uomini è morta. Tre anni dopo la pandemia nota come Manfall, i governi resistono ancora e la vita continua, ma un mondo gestito da donne non è sempre un posto migliore. Il dodicenne Miles è uno degli ultimi ragazzi in vita e sua madre, Cole, lo proteggerà a tutti i costi. In fuga dopo un orribile atto di violenza – e perseguitata dalla sua stessa sorella spietata, Billie – tutto ciò che Cole vuole è crescere suo figlio da qualche parte in cui non sarà una semplice risorsa riproduttiva o un oggetto sessuale. Un posto chiamato casa. Per arrivarci, Cole e Miles dovranno attraversare un’America profondamente diversa, travestiti da madre e figlia. Da una base militare a un bunker di lusso, da una comune anarchica a Salt Lake City ai seguaci di un culto pronto a riconoscere Miles come risposta alle loro preghiere, i due saranno costretti a muoversi velocemente perché Billie e il suo sinistro equipaggio saranno sempre più vicini. Un romanzo fortemente femminista, “Un mondo di donne” fonde suspense psicologica, noir e fantascienza.

Un romanzo distopico a tratti attuale e con molti spunti di riflessione. 

Ci troviamo in un mondo in cui una pandemia conosciuta come Manfall, attacca in particolar modo gli uomini e riesce a ucciderli in poco tempo. Solo pochi maschi ne sembrano immuni e per tutelare la vita umana, in una società governato da donne, vengono rinchiusi e tenuti sotto controllo. Cole, una mamma che ha perso il marito per questa malattia, decide di scappare con suo figlio Miles per dargli una vita migliore. 

Il lettore fin da subito viene catapultato nell’azione. Cole e Miles sono in fuga, in corsa verso un luogo migliore. Alle loro calcagne c’è Billie, sorella di Cole che ha il compito di recuperare Miles, un ragazzino di dodici anni immune alla malattia e che viene visto come un mero “strumento” per la riproduzione. 

La trama e la struttura l’ho trovata interessante e attuale, piena di spunti di riflessione, ma personalmente non ho amato molto lo stile di scrittura. Beukes ci presenta i personaggi e ci fa provare empatia con loro con i punti di vista alternati, questo aspetto l’ho apprezzato molto perché si ci addentra di più nella psiche di queste figure, ma ho provato molta confusione durante la lettura per i continui salti tra presente e passato. 

L’ambientazione è ben curata, a tratti l’ho trovata claustrofobica, in linea con il tono della storia. 

L’autrice ci parla di un mondo crudele, con personaggi mostruosi, terribili, altre volte esilaranti. Un mondo di donne è una storia che pone come punto di forza le donne, mentre i maschi sono la parte debole, ma sarà giusto un posto del genere? Una storia estrema, che parla di eccessi, di rabbia, di violenza fisica e non, di suore non propriamente “classiche” e della fuga verso la libertà.

Una storia interessante e molto dinamica, il finale non mi ha molto convinta, ma nel complesso l’ho trovata una lettura interessante e soprattutto diversa dalle solite. 

#Prodottofornitoda @Fanucci Editore

 

 

La biblioteca di mezzanotte di Matt Haig | Recensione

Fra la vita e la morte esiste una biblioteca. Quando Nora Seed fa il suo ingresso nella Biblioteca di mezzanotte, le viene offerta l’occasione di rimediare agli errori commessi. Fino a quel momento, la sua vita è stata un susseguirsi di infelicità e scelte sbagliate. Le sembra di aver deluso le aspettative di tutti, comprese le proprie. Ma le cose stanno per cambiare. Come sarebbe andata la vita di Nora se avesse preso decisioni diverse? I libri sugli scaffali della Biblioteca di mezzanotte hanno il potere di mostrarglielo, proiettando Nora in una versione alternativa della realtà. Insieme all’aiuto di una vecchia amica, può finalmente cancellare ogni suo singolo rimpianto, nel tentativo di costruire la vita perfetta che ha sempre desiderato. Ma le cose non vanno sempre secondo i piani, e presto le sue nuove scelte metteranno in pericolo la sua incolumità e quella della biblioteca. Prima che scada il tempo, Nora deve trovare una risposta alla domanda di tutte le domande: come si può vivere al meglio la propria vita?

Non avevo mai letto nulla di Matt Haig, c’era sempre qualcosa che mi frenava nell’approcciarmi a questo autore, ma la trama de La biblioteca di mezzanotte stuzzicava troppo la mia curiosità e così ho deciso di fare la conoscenza con Haig e non me ne sono pentita. 

Nora è una ragazza più che trentenne che vive nel rimpianto. Un giorno le capita la tipica giornata no, in cui riaffiorano risentimenti e brutti pensieri e, non potendone più della sua situazione, decide di levarsi la vita. Si risveglierà in una biblioteca dove potrà “immergersi” nelle innumerevoli vite che poteva avere se avesse preso determinate decisioni. 

La storia che racconta Haig con uno stile fluido e delicato, è pregna di elementi filosofici e psicologici. La vita ci pone dinanzi molteplici scelte e non esiste la via perfetta. Ogni decisione che prendiamo porterà sempre dei benefici e dei lati negativi, tutto sta nell’apprezzare ciò che abbiamo, nel gioire dei piccoli risultati e nel raggiungere un equilibrio con noi stessi. 

La biblioteca di mezzanotte è una lettura scorrevole e piena di spunti di riflessione. La narrazione si focalizza principalmente sulla protagonista che potrebbe non piacere a tutti i lettori, ma per quel che mi riguarda l’ho apprezzata e spesso anche capita. Trovo che l’unica “pecca” di questo romanzo sia un po’ di lentezza e di situazioni ripetitive, ma nel complesso è stata una lettura godibile. 

Un romanzo che insegna che non bisogna comprendere la vita, bisogna semplicemente viverla. 

 

Le figlie del dragone di Andrews | Recensione

Anna Carlson ha vent’anni ed è stata adottata. Dopo la morte della madre adottiva, decide di fare un viaggio in Corea per scoprire le sue origini. Ma grande è il suo sconforto quando scopre che la sua vera madre è deceduta nel darla alla luce. Proprio quando sembra che la sua ricerca sia finita, Anna viene avvicinata da una anziana signora, Jae-hee, che le dice di essere sua nonna e le consegna un pettine raffigurante un drago di avorio con due teste e le zampe con cinque piedi ciascuna. Jae-hee a quel punto racconta alla ragazza una storia che ha inizio nel 1943, quando Jae-hee e sua sorella Soo-hee vengono reclutate dall’esercito giapponese, che aveva occupato il Paese, per lavorare in una fabbrica di stivali. Il padre è disperso in guerra e non farà mai ritorno. In realtà le ragazze diventano comfort girls, cioè prostitute, schiave sessuali dei soldati giapponesi per un paio d’anni: vengono sottoposte a violenze indicibili, subiscono la fame e umiliazioni quotidiane. Jae-hee ha una posizione leggermente migliore rispetto alle altre perché diventa la favorita del colonnello. Soo-hee resta incinta e, al momento della disfatta dei giapponesi, sembra in punto di morte per un aborto fatto con mezzi inadeguati. Tutte le altre ragazze vengono uccise, mentre Jae-hee è l’unica sopravvissuta… Mentre la narrazione di Jae-hee prosegue, Anna scopre che il prezioso pettine a forma di drago è sopravvissuto, contro ogni previsione, attraverso generazioni di donne della sua famiglia.

Vi capita mai di leggere un libro talmente bello, che vi ha preso così tanto emotivamente da non trovare le parole per descriverlo?
Ecco, questo è il caso de Le figlie del dragone.

William Andrews con questo romanzo decide di portare alla luce un evento storico che negli anni è stato “dimenticato”, ma forse è meglio dire accantonato o nascosto, dalla società orientale. Durante la seconda guerra mondiale, l’esercito giapponese prendeva giovani ragazze, anche tredicenni, soprattutto coreane (e non solo), e le costringevano a diventare donne di conforto. Queste povere donne vivevano strappate dalle loro famiglie e dal loro paese per essere violentate nelle stazioni di conforto al servizio dell’esercito Giapponese. 

Il lettore conosce Anna Carlson, una ragazza di vent’anni che decide di partire per la Corea per conoscere la sua madre biologica. Purtroppo una volta giunta a destinazione scopre che la donna è morta, ma Anna conoscerà sua nonna Jae-hee che le racconterà la sua vita e dell’importante compito che deve portare a termine. 

Come si intuisce, la vera protagonista della storia non è Anna, ma proprio Jae-hee, la quale racconta di quando lei e sua sorella sono state portate con l’inganno alla stazione di conforto dai giapponesi.  La vita di Jae-hee è piena di violenze, sconfitte, porte chiuse in faccia e delusioni. Una donna che ha dovuto combattere contro tutti, trovando difficilmente degli alleati. 

Un libro intimo, intenso e vibrante di emozioni. Ho amato ogni cosa di questo romanzo: lo stile fluido, la caratterizzazione dei personaggi, le ambientazioni, i richiami alla cultura orientale, ma ammetto anche di avere avuto un po’ di difficoltà nella lettura con la prima metà del libro dove vengono descritte le violenze che subisce Jae-hee. Per questo motivo più di una volta mi sono trovata a interrompere la lettura per riprendermi, quindi, per quanto penso che sia un libro che tutti dovrebbero leggere, sono anche dell’idea che se siete facilmente impressionabili è meglio pensarci due volte prima di iniziare questa lettura. 

Una lettura che mi ha coinvolta emotivamente fin dalle prime pagine e mi ha tenuta compagnia fino alla fine lasciandomi il cuore infranto e un velo di malinconia.